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Stretta sul caro-prezzi. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, vuole chiudere in settimana o al massimo tra dieci giorni l’accordo con grande distribuzione e industria per abbassare il costo dei beni alimentari di prima necessità, quelli che compongono il cosiddetto carrello della spesa. Produttori e distributori hanno aperto e sono pronti a fare la loro parte, a condizione che si agisca tutti assieme, senza lasciare nessuno da solo. Due le opzioni sul tavolo. Una sorta di tetto massimo ai prezzi (che diventerebbero così calmierati) o una serie di maxi-sconti al supermercato. In ogni caso nessun congelamento dei listini, che potranno sempre scendere ulteriormente per dinamiche di mercato o scelta autonoma degli attori della filiera.
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Sono misure che potrebbero scattare per alcuni mesi. Forse tre e probabilmente in autunno, anche da ottobre fino a dicembre. Il tavolo, oltre alle associazioni della grande distribuzione (in primis Federdistribuzione), dovrebbe ora coinvolgere direttamente anche Federalimentari e gli altri produttori industriali, con probabili nuovi incontri ad hoc al ministero delle Imprese.
LA CRISI DEGLI AGRICOLTORI
Si partirà probabilmente dai prodotti industriali confezionati, meno soggetti, rispetto a quelli freschi, a variazioni rapide di prezzo.
Secondo gli ultimi dati Istat a giugno i beni del carrello della spesa costavano il 10,5% in più rispetto a un anno fa. Per una famiglia media, secondo l’Unione nazionale consumatori, è un colpo da 655 euro su base annua, di cui 620 solo per gli alimentari. Alimentari su cui ci sono stati aumenti medi dell’11,2% e picchi anche oltre il 46%, come nel caso dello zucchero. A gennaio il rialzo generale era del 12,6%. Tra i problemi in agricoltura e le ombre speculative, quindi, il calo è stato ben più basso rispetto a quello dell’inflazione (passata nel semestre dal 10% al 6,4%). Oltre allo zucchero, in dodici mesi il prezzo del riso è salito del 32%, quello delle patate del 26,9%. Chiudono la top ten dei rincari: l’olio d’oliva (+26,7%), il latte conservato (+23,9%), i funghi e gli altri vegetali (+23,6%), i cavoli (+22%), i formaggi fusi (+20,9%), le bevande gassate (+19,5%) e i gelati (+18,9%). Poi, tra i beni di largo consumo, le uova costano il 13% in più, i pomodori il 12,8%, la carne il 6,4% e il burro il 5,5%.
SCHEMA FLESSIBILE
I prezzi calmierati non saranno fissati dal governo e non ci sarà uno sconto unico per tutti. Ma l’intenzione è comunque di andare oltre le attuali promozioni che è possibile trovare in negozi e supermercati. Si dovrebbe agire in modo flessibile, in proporzione ai rincari sui singoli beni alimentari, privilegiando quelli che più servono alle classi sociali maggiormente in difficoltà per il caro-vita. In questo senso non si esclude un’estensione della lista dei beni calmierati anche a prodotti non alimentari, come detersivi, saponi, shampoo e detergenti. L’iniziativa si somma all’aiuto una tantum da 382 euro che viene fornito dal governo alle famiglie a basso reddito che non percepiscono alcun aiuto pubblico. Si tratta della cosiddetta carta acquisti, o social card, per comprare i beni alimentari di prima necessità.
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Il Mattino