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I segnali
Le esportazioni sono cresciute del 3% sul 2022 e di ben il 14% nel rapporto sul Pil, ed è stata superata per la prima volta la barriera dei 30 miliardi di valore. Non più solo auto, legate oggi come ieri alle produzioni del sito di Pomigliano: è soprattutto la spinta del farmaceutico, targata Novartis a Torre Annunziata, con un eloquente +13% (ma anche Damor, a Napoli, ha numeri importanti) a fare la differenza rispetto al recente passato. Ma in un'economia che è sempre più fondata sui servizi (il 60%), e dove le costruzioni mantengono ancora una forte presenza (sebbene destinata a calare), sono anche altre le voci significative. Il turismo, ad esempio, con il tetto dei 5 milioni di visitatori stranieri superato lo scorso anno. E poi la sostenibilità, cui il Rapporto dedica un interessante focus, spiegando che è alto il numero di pmi campane che ha colto l'opportunità della transizione ambientale in termini soprattutto di innovazione tecnologica. Non né un caso che questa scelta ha anche fatto salire l'indice dell'ottimismo, con quasi il 50% delle pmi campane che si dice ottimista sui propri risultati nel 2024.
I nodi
La partita, questo è chiaro, non è però affatto vinta. Il divario, da ridurre sensibilmente rimane un traguardo obbligato per quanto ancora lontano. E se Costanzo Jannotti Pecci, presidente reggente di Confindustria Campania e presidente dell'Unione industriali di Napoli, si augura che al più presto venga firmato il patto tra governo e Regione per i fondi della coesione, sottolineando nel contempo la buona performance del Sud nella spesa dei fondi Pnrr; se lo stesso Fontana ribadisce che la crescita del Sud è stata superiore nel post Covid alla media del Paese; resta comunque evidente che gran parte della sfida riguarda la capacità di investire al Sud e del Sud e dunque anche l'accesso al credito. L'Abi, conferma il direttore generale Giovanni Sabatini, sottolinea la vivacità del rapporto tra banche e imprese in Campania (i prestiti sono superiori alle altre macroaree o calano molto di meno): «Il Rapporto Pmi Campania evidenzia l'impegno ed i buoni risultati conseguiti dalle imprese, nazionali e campane, nella gestione delle complessità indotte dall'incerto quadro congiunturale.
Il fondo di garanzia
Dal canto suo Francesco Minotti, Ad di Mediocredito centrale che gestisce il Fondo di garanzia delle Pmi per conto del ministero delle Imprese e del Made in Italy, sottolinea che nel 2023 «la Campania risulta la terza regione nell'utilizzo di questo strumento per importo dei finanziamenti garantiti. Dopo l'esplosione delle domande che ha sostenuto la liquidità delle imprese nella fase emergenziale, il Fondo di garanzia si sta avviando a una nuova normalità che consolida, tra l'altro, il suo ruolo nel sostegno agli investimenti». A questo ruolo guarda con rinnovato interesse il sistema delle Pmi campane come ricorda una delle proposte lanciate alla politica nel Rapporto: rendere, cioè, strutturale «il sostegno a investimenti e liquidità, innalzando la soglia a 5/10 milioni di euro» e riformando dunque il Fondo. Non sarà facile ma sul tema è assolutamente prioritario per la Piccola Industria Campania unitamente a quello di «rendere strutturale il credito di imposta nella Zes unica riducendo la soglia minima di 200 mila euro» che rischia di svantaggiare le pmi che vogliono investire. Contributi al trema sono giunti anche dai presidenti della Piccola industria delle territoriali campane Angelo Petitto (Avellino), Claudio Monteforte (Benevento), Massimiliano Santoli (Caserta), Guido Bourelly (Napoli), Lina Piccolo (Salerno). Leggi l'articolo completo suIl Mattino