«Recovery plan, la quota 40% al Sud è diventata una Babele»

«Recovery plan, la quota 40% al Sud è diventata una Babele»
Prima attesi, ora in parte guardati quasi con sospetto. Criticati cioè o, peggio, andati deserti com'è avvenuto pochi giorni fa per la gara relativa alle...

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Prima attesi, ora in parte guardati quasi con sospetto. Criticati cioè o, peggio, andati deserti com'è avvenuto pochi giorni fa per la gara relativa alle connessioni Internet da portare nelle isole minori, 60,5 milioni rimasti per ora senza assegnazione. Tempi duri per i bandi pubblici attraverso i quali viene stanziata la maggior parte delle risorse del Pnrr.

Decine quelli già pubblicati, con scadenze a breve e medio termine, per ognuna delle sei missioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza ma non tutti sembrano essere stati costruiti per favorire la più ampia partecipazione dei soggetti interessati. Scritti male, ad esempio, come nel caso del primo Concorso Sud per 2.800 tecnici da assumere nelle amministrazioni del Mezzogiorno, che richiedeva competenze non adeguate a contratti a tempo determinato per tre anni. O vincolati a garanzie di fidejussione (e conseguenti rischi di natura penale) come per la banda ultra-larga nelle isole minori che hanno inevitabilmente scoraggiato pressoché tutti i possibili partecipanti. O ancora, bandi giudicati contraddittori rispetto alle regole Ue: è la polemica sollevata in materia di economia circolare e nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti da associazioni ed esperti ambientali. 

«Ma c'è anche un'altra valutazione da fare interviene Luca Bianchi, Direttore generale della Svimez -: con il sistema dei bandi pubblici, che pure è fondamentale per l'attuazione del Pnrr, si rischia di creare una specie di corto circuito. Si mettono insieme da una parte procedure competitive in cui si premiano i migliori, per obiettivi di riqualificazione e trasformazione digitale ed ecologica, e dall'altra la debolezza complessiva delle amministrazioni pubbliche, specie al Sud come abbiamo più volte sottolineato e che la vicenda dei progetti idrici della Sicilia, bocciati in toto, ha purtroppo confermato». In altre parole, «i bandi rischiano di non riuscire, a volte, a incrociare i reali fabbisogni. Non è detto, cioè, che laddove ce ne sono di più si riesca necessariamente ad ottenere le maggiori risorse previste da quel bando. Identificare a monte dove fare gli investimenti avrebbe reso inutili molte procedure a bando e impegnato le risorse laddove servivano realmente».

Dunque, non solo fragilità amministrativa ma un'idea del bando pubblico che secondo alcuni potrebbe cedere il passo, almeno in alcuni casi, al ritorno della trattativa privata, con tutti i limiti però di trasparenza che ne deriverebbero. Di sicuro anche per le gare del Pnrr c'è un work in progress piuttosto chiaro. Non è un caso che proprio ieri il ministro per il Sud Mara Carfagna ha concordato con gli enti del Terzo settore una serie di soluzioni tecniche per superare gli snodi critici e valorizzare il loro contributo al Pnrr: tra essi «il riconoscimento nei bandi del valore della co-progettazione tra enti locali ed Ets». Si può insomma sempre migliorare anche se poi si scopre che a proposito del 40% di risorse da destinare al Mezzogiorno ogni ministero si sta regolando a modo suo.

Emerge da un monitoraggio Svimez sui bandi che vengono aggiornati dal governo attraverso il sito di Italia domani: «C'è una declinazione infinita della clausola del 40% - spiega Bianchi -: ogni ministero ha utilizzato meccanismi diversi, chi il 40%, chi come nel caso del Miur ha introdotto nuovi criteri per gli asili nido che sicuramente non rispettano quella soglia, chi ancora è arrivato al contrario al 60% tra Centro e Sud come il ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. L'impressione, insomma, è che ci siano interpretazioni tecniche così diverse e disomogenee tra un dicastero e l'altro da mettere a rischio il progetto complessivo e unitario del Pnrr». 

È anche la conseguenza del cosiddetto metodo del precedente, e cioè che per comodità o continuità i burocrati ministeriali preferiscono non abbandonare la strada seguita fino a quel momento schiacciando di fatto il Pnrr su modalità attuative che andrebbero invece modificate.

Ma non solo. Sui bandi sta montando da qualche tempo anche la protesta di sindaci e amministratori del Nord, Veneto in particolare, che giudicano eccessive le risorse assegnate al Sud. Ne ha fatto cenno Carfagna a proposito dei bandi che hanno funzionato in chiave Sud, come il programma PinQua per la qualità dell'abitare (2,8 miliardi, rispettata la quota Sud del 40 per cento nei 159 progetti ammessi a graduatoria e 3 degli 8 progetti-pilota previsti arrivano da città meridionali, Messina, Bari e Lamezia Terme), quello per gli ecosistemi dell'innovazione («Ha raccolto oltre 300 proposte di assoluta qualità») e il bando per la rigenerazione urbana che «vede in questi giorni addirittura una polemica per la prevalenza dei progetti espressi dal Sud». L'Anci veneta ha tuonato infatti che «a livello nazionale sono stati finanziati 1.784 progetti, in 483 Comuni; il Veneto ne aveva presentati 230 e ne ha visti accettati 24 (1 su 10) in appena cinque Comuni, mentre pur essendo risultati coerenti con il bando, sono rimasti a secco a causa dell'esaurimento dei fondi 551 progetti, il 93% dei quali erano stati presentati dai Comuni del Nord». 

Polemica quasi paradossale considerati i ritardi del Mezzogiorno ma un segnale politico ben chiaro sul futuro del Pnrr. Viene alla mente l'allarme lanciato poche settimane fa dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, a proposito dei bandi: «Temiamo che possano uscire alla rinfusa, sovrapponendosi e concedendo poche settimane per candidare i progetti, e che non ci siano a quel punto i tempi necessari ad approntarli. Se i bandi del Pnrr chiederanno, come condizione per candidare i progetti, la loro cantierabilità, il rischio è che vadano avanti solo i progetti che i Comuni erano già in grado di finanziare con proprie risorse, prima del Pnrr. Il rischio è che si colga solo una piccola parte di questa irripetibile opportunità chiamata Pnrr».

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Il Mattino