Statali, buoni pasto a rischio per un milione di dipendenti: «Commissioni troppo alte»

Statali, buoni pasto a rischio per un milione di dipendenti: «Commissioni troppo alte»
La guerra dei buoni pasto rischia di lasciare a digiuno 1,1 milioni di statali che ogni giorno a pranzo ricorrono ai ticket per mangiare fuori dall'ufficio. Nel complesso,...

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La guerra dei buoni pasto rischia di lasciare a digiuno 1,1 milioni di statali che ogni giorno a pranzo ricorrono ai ticket per mangiare fuori dall'ufficio. Nel complesso, calcola la Federazione italiana pubblici esercizi, la Pubblica amministrazione spende annualmente circa 1,2 miliardi di euro per acquistare i buoni pasto da distribuire ai propri dipendenti. Ma di questi solo 700 mila euro finiscono nelle tasche degli esercenti, sempre stando ai dati elaborati dalla Fipe. Colpa di una tassa occulta del 30 per cento generata principalmente dalle commissioni applicate dagli emettitori dei buoni pasto, che per aggiudicarsi le gare bandite da Consip per la fornitura del servizio sostitutivo di mensa alla Pa praticano oggi ribassi anche superiori al 20 per cento per poi rifarsi su bar, ristoranti e supermercati.


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Alle commissioni si sommano anche gli oneri finanziari legati all'uso dei Pos e con cui gli esercenti si ritrovano a dover fare i conti. Risultato, un esercizio convenzionato vende prodotti e servizi per un valore di 10 euro ma ne incassa 7. Come se ne esce? «Da quando è entrata in gioco la Pubblica amministrazione il sistema è diventato insostenibile, Consip effettua le gare con il sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa ma in questo modo i commerciati risultano pesantemente penalizzati dal momento che la legge consente alle società che emettono i ticket di applicare sugli esercenti commissioni pari o superiori allo sconto proposto alla società appaltante per non andare in perdita. Meglio a questo punto adottare il modello francese che non prevede gare: Oltralpe le commissioni a carico degli esercenti sono pari o inferiori al 5 per cento», spiega Luciano Sbraga, vicedirettore di Fipe e direttore del centro studi della federazione. A lanciare l'allarme sono state le associazioni di categoria che rappresentano le imprese della distribuzione e della ristorazione (non solo la Fipe, ma anche Federdistribuzione, Ancc Coop, Ancd Conad, Fida e Confesercenti) secondo cui il sistema dei buoni pasto è al collasso. Dopo aver partecipato a un tavolo di lavoro congiunto hanno inviato ieri al Ministero dello Sviluppo economico e a quello del Lavoro una lettera in cui rimarcano l'urgenza di varare una riforma che assicuri il mantenimento del valore nominale del buono pasto lungo tutta la filiera. «Lo Stato non può far pagare la propria spending review alle nostre imprese. In questo modo si pone a rischio un sistema che offre un servizio importante a 3 milioni di lavoratori pubblici e privati e si mettono in ginocchio decine di migliaia di imprese», sottolineano le associazioni. Ogni giorno circa 10 milioni di lavoratori pranzano fuori casa e di questi 2,8 milioni sono dotati di buoni pasto e il 64,7 per cento li utilizza come prima forma di pagamento ogni volta che esce dall'ufficio. Si stima che nel 2019 siano stati emessi in Italia 500 milioni di buoni pasto, di cui 175 milioni acquistati dalle pubbliche amministrazioni. In totale, ogni giorno i dipendenti pubblici e privati spendono circa 13 milioni di ticket. La Consip tuttavia già utilizza degli strumenti premianti per evitare che le commissioni a carico dei commercianti non siano troppo onerose: in fase di gara gli emettitori di buoni pasto che non applicano commissioni superiori allo sconto proposto per aggiudicarsi la gara ottengono un maggior punteggio e dunque hanno più possibilità di uscire vincitori. Ma secondo le associazioni che rappresentano le imprese della distribuzione e della ristorazione si tratta solo di un placebo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino