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Più che i numeri, a rimanere impresso è un grafico. Mostra l’andamento nell’ultimo ventennio degli aumenti delle retribuzioni per il pubblico impiego e per il privato, mettendoli a confronto con la crescita dell’inflazione. Assomiglia un po’ ad un elettrocardiogramma. Fino al 2008 gli aumenti degli statali e quelli dell’industria si inseguono. Tracciano traiettorie simili. Poi d’improvviso l’elettrocardiogramma per gli statali diventa piatto. Il costo della grande crisi di mutui subprime prima, e quella dei debiti sovrani poi, è costato un prezzo alto al settore pubblico.
E oggi la forbice degli aumenti tra privato e pubblico, nonostante la ripresa della contrattazione collettiva voluta dal ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta, rimane ampia. A mettere in fila i numeri, è il rapporto appena pubblicato dall’Aran sulle «Retribuzioni dei pubblici dipendenti».
La media degli aumenti del personale non dirigente dell’ultimo decennio, è stata dell’11,5 per cento. I lavoratori privati, insomma, sono riusciti fino ad oggi a difendere il loro potere di acquisto. Con qualche piccola differenza al proprio interno. I dipendenti dell’industria hanno ottenuto aumenti cumulati negli ultimi dieci anni del 13,7 per cento; quelli dei servizi del 9,7 per cento. Peggio, decisamente peggio, è andata per i dipendenti pubblici. Il personale non dirigente, ha cumulato aumenti dal 2013 fino a marzo di quest’anno, per il 5,3 per cento. In pratica meno della metà dell’aumento dei prezzi registrato dall’Istat nello stesso periodo. Però anche all’interno della Pa ci sono delle differenze. I quattro comparti sottoposti alla contrattazione collettiva dell’Aran (le Funzioni centrali, quelle locali, la Sanità e l’Istruzione), hanno ottenuto aumenti in un decennio solo del 4,7%.
Gli altri comparti pubblici non contrattualizzati, come le Forze dell’ordine e le Forze armate, hanno ricevuto incrementi in busta paga dell’8% in un decennio. Solo i dirigenti pubblici, con un più 10 per cento ottenuto soprattutto grazie agli aumenti per i medici, hanno fatto meglio. C’è da dire che a maggio è stato firmato il nuovo contratto delle funzioni centrali e a breve saranno sottoscritti anche quelli degli enti locali e della Sanità. Gli aumenti previsti sono superiori al 4%. Per ministeri e agenzie fiscali l’incremento nelle buste paga arriverà già a giugno insieme agli arretrati. Di certo un aiuto in una fase di ripresa dell’inflazione con il caro bollette che riduce il potere di acquisto. Ma ancora una volta la contrattazione è arrivata alla meta alla fine del triennio di riferimento, contribuendo ad allargare la forbice delle retribuzioni tra privato e pubblico.
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