Stipendi basati sul costo della vita, ecco cosa prevede la proposta della Lega. Cgil: «No alle gabbie salariali»

Il ddl del Carroccio: compensi accessori agganciati all’inflazione nelle diverse città. FI favorevole ma FdI resta fredda. Insorgono opposizioni e sindacati

Stipendi basati sul costo della vita, ecco cosa prevede la proposta della Lega. Cgil: «No alle gabbie salariali»
Legare gli stipendi degli italiani all’andamento del costo della vita nella città in cui si svolge l’attività lavorativa. Evitando però - almeno...

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Legare gli stipendi degli italiani all’andamento del costo della vita nella città in cui si svolge l’attività lavorativa. Evitando però - almeno sulla carta - le contestate “gabbie salariali”. È l’obiettivo del disegno di legge presentato ieri dalla Lega al Senato, con l’intento dichiarato di «dare la possibilità alla contrattazione di secondo livello, territoriale e aziendale, di utilizzare il parametro del costo della vita, oltre a quelli già previsti per legge, nell’attribuzione dei trattamenti economici accessori ai dipendenti pubblici e privati». 

 

 

Stipendi, il ddl della Lega

Ad annunciarlo, irrompendo nel complesso dibattito sui salari e come aumentarli, è il senatore Massimiliano Romeo. Il capogruppo leghista a Palazzo Madama ha però precisato come - al di là di qualche polemica - l’intento del Carroccio sia preservare «il principio della parità retributiva». Tradotto: la proposta prevede l’adeguamento in base agli indici Istat solo dei trattamenti economici accessori definiti all’interno dei singoli contratti, pubblici o privati che siano. «Si pensi alle grandi città - ha spiegato ancora Romeo - dove l’inflazione ha degli effetti differenti rispetto ad altre zone del nostro Paese. Introduciamo con questa norma un elemento nuovo, attribuendo ai lavoratori una somma differenziata in base al luogo in cui ha sede l’azienda». 
Non solo. Nelle intenzioni del Carroccio è anche prevista l’incentivazione dei «contratti collettivi di secondo livello stipulati su base territoriale» attraverso un credito d’imposta destinato alle aziende, fino a 3.000 euro a dipendente nel triennio 2024-2026 (per un massimo di 100 milioni di euro). D’altro canto già diversi esponenti dell’esecutivo avevano ventilato l’ipotesi nei rispettivi ambiti. Dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara a quello della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo. E in effetti, in queste primissime battute, il ddl non sembrerebbe osteggiato da Forza Italia mentre continua a destare più di qualche perplessità in FdI.

 

 

Le proteste

Le proteste più veementi sono però inevitabilmente arrivate da sindacati ed opposizioni, pronti a contestare lo spettro delle “gabbie salariali”. «Il M5S si opporrà con tutte le sue forze alla proposta con cui la Lega vuole riportare il Paese indietro di cinquant’anni tornando alle gabbie salariali» ha scritto su X la senatrice Elisa Pirro. «Dopo l’autonomia differenziata ecco l’ennesimo atto per continuare a spaccare l’Italia e aumentarne i divari» l’affondo del responsabile Sud della segreteria nazionale Pd, Marco Sarracino. «Siamo alle gabbie salariali e di nuovo di fronte ad un attacco alla funzione solidale del contratto nazionale e al sindacato in quanto rappresentanza collettiva dei lavoratori» ha detto invece Francesca Re David, segretaria confederale della Cgil. Pronta la risposta della Lega (indirizzata ai dem): «Qualcuno al Nazareno prima di parlare dovrebbe imparare a leggere con attenzione le proposte di legge - ha controbattuto proprio Romeo -. In riferimento al nostro ddl, stiamo parlando non degli stipendi ma dei trattamenti economici accessori». 

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Il Mattino