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Ai tempi della battaglia di Austerlitz (1805), nel primo libro di “Guerra e pace”, un gentiluomo si separa dalla moglie lasciandole l’amministrazione dei beni della Grande Russia. Non della Piccola Russia, che era l’Ucraina. La testa di Putin è rimasta lì. Perciò dice che l’Ucraina non esiste. Perciò il 24 febbraio non ha attaccato soltanto il Donbass, come credevano i più pessimisti, ma anche Kiev e il resto del Paese, come non osava credere nessuno.
Cento giorni dopo i russi controllano un quinto dell’Ucraina e gli uomini di Zelensky si ritirano da Oriente per non restare intrappolati e prepararsi alla riscossa con le armi in arrivo dalla Nato.
E noi più degli altri per l’ambiguità energetica del passato e la miopia di legarci a Mosca più del dovuto. La guerra comunque non sarà breve e dobbiamo abituarci anche ai suoi costi, dando credito al governo per studiare le poche contromisure possibili.
La dottrina militare insegna che quando c’è odore di tregua, se non di pace, le battaglie diventano più sanguinose. Ciascuna delle parti cerca di presentarsi alla trattativa con la maggior parte del terreno conquistato o con la minore quantità di quello perduto. L’Ucraina è stata aggredita ed è giusto che la pace si faccia alle sue condizioni. Ma paradossalmente sarà Putin a stabilirle. Se si ritirerà dopo aver occupato il Donbass, sarà possibile mettere in piedi uno di quegli ipocriti meccanismi, come un referendum ad esito scontato tra molti anni e sotto controllo internazionale.
Se volesse allargarsi, come temiamo, ogni trattativa sarà impossibile. C’è poi il problema delle stragi. Gli inviati sul campo dicono di aspettarsi altre Bucha di cui per ora non conosciamo il nome. In questo caso, con lo spettro di una nuova Norimberga, ogni pace sarebbe più difficile.
Gli esperti mettono in conto l’assenza di accordi e la prosecuzione a tempo indeterminato di una guerra a bassa intensità (come quella combattuta nel Donbass tra il 2014 e il 2022 nel disinteresse dell’opinione pubblica internazionale). I militari delle due parti uccisi in cento giorni sono pari a quelli italiani caduti in un anno intero della Seconda guerra mondiale. Dove arriveremo?
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Il Mattino