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Il passo indietro, o «il gesto da statista» come lo definisce la ministra Maria Stella Gelmini, di Silvio Berlusconi mette in luce le profonde spaccature esistenti nel centrodestra, già emerse nella scelta dei candidati alle ultime amministrative perse un po’ ovunque. Berlusconi si fa da parte e rende la scelta ancor più drammatica affidando la decisione ad un messaggio che la senatrice Licia Ronzulli legge all’inizio del vertice del centrodestra. Con un videomessaggio nel ‘94 il Cavaliere spiegò la sua «discesa in campo» e con un testo di poche righe esce di scena raccontando il gesto di «responsabilità nazionale» che lo spinge «a ritirarmi dalla corsa quirinalizia» anche se «ho verificato l’esistenza di numeri sufficienti» per andare al Colle.
LA LUCE
Dall’altra parte dello schermo ascoltano sorpresi Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Lorenzo Cesa e Maurizio Lupi. La Ronzulli prosegue con a fianco Antonio Tajani: «Sono stato il primo a volere un governo di unità nazionale che raccogliesse le migliori energie del Paese», rivendica Berlusconi. L’esecutivo Draghi, prosegue il Cavaliere, «con il concorso costruttivo anche dell’opposizione, è servito ad avviare un percorso virtuoso che oggi più che mai, alla luce della situazione sanitaria ed economica, deve andare avanti. Per questo considero necessario che il governo Draghi completi la sua opera fino alla fine della legislatura per dare attuazione al Pnrr proseguendo il processo riformatore».
Il documento è frutto delle riflessioni del Cavaliere e della riunione che il leader azzurro ha tenuto, prima del vertice del centrodestra, con lo stato maggiore del partito e i tre ministri Brunetta, Gelmini e Carfagna.
Ma i problemi, per ciò che resta del centrodestra, arrivano poco dopo. Nella riunione Giorgia Meloni contesta la nota scritta da Berlusconi. «Il nostro partito non ha mai auspicato che la legislatura arrivi a scadenza naturale» sostiene la leader di FdI che guida l’unico partito all’opposizione. «Non si è minimamente discusso su Draghi», aggiunge Ignazio La Russa che si lamenta per alcune notizie di agenzia - uscite durante la riunione - secondo le quali su Draghi c’era il veto di FdI. Lo scontro che si consuma via “Zoom” nella riunione spinge Salvini a rinviare la definizione dei nomi che il centrodestra dovrebbe proporre agli altri partiti «nelle prossime ore». Sul tavolo i nomi della presidente del Senato Casellati, dell’ex ministro Frattini e dell’ex presidente del Senato Pera. «Per noi è irrinunciabile che il futuro capo dello Stato sia una personalità autorevole al servizio dell’Italia e a difesa dell’interesse nazionale», insiste La Russa, che non nasconde la non ostilità di FdI nei confronti di Draghi che FI gli rinfaccia.
A complicare il clima dentro la coalizione anche la dichiarazione del coordinatore di FI Antonio Tajani secondo il quale «Draghi deve rimanere al suo posto» e «nel governo non ci debbano essere nè rimpasti, nè nuovi ingressi». Anche se la linea di FI confligge con quella di Salvini, ha il vantaggio di coincidere con quella dell’attuale premier. È infatti complicato pensare che Draghi permetta un rimpasto o un “bis”, ma al tempo stesso FI si mette di traverso su un passaggio che Salvini considera dirimente. Non a caso il leader della Lega plaude al passo indietro del Cavaliere, gli rende omaggio, ma glissa sulla sorte del premier che invece Berlusconi dettaglia. Alla tensione salita in mattinata per la riunione online e per i continui slittamenti, si sommano spaccature sempre più evidenti dovute al diverso rapporto con il governo e da una leadership, quella di Silvio Berlusconi, sempre più defilata e da ieri assente.
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Il Mattino