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Chi ha sparato la sera del 30 gennaio ad Alatri, al "Girone", ferendo mortalmente Thomas Bricca, sapeva bene quello che faceva. Mattia Toson, arrestato martedì insieme al padre Roberto per l'omicidio e ritenuto l'autore degli spari, era un esperto di armi. Nella memoria del suo telefono cellulare ci sono numerose immagini - alcune delle quali contenute nell'ordinanza di custodia cautelare - nelle quali è al poligono di Veroli. È spesso insieme a un amico che cercherà anche di "coprirlo" nei giorni successivi all'omicidio. Altrettanto spesso dimostra di saperci fare, centrando il bersaglio anche da lunga distanza.
È un particolare non di poco conto nella ricostruzione della Procura e dei carabinieri. Inizialmente, infatti, si era pensato a spari per intimidire che accidentalmente potessero aver colpito Thomas. I successivi accertamenti balistici - uniti alle dimostrate capacità di Mattia nel maneggiare le armi - hanno fornito un quadro diverso. Il ragazzo di 22 anni accusato di avere aperto il fuoco lo ha fatto prendendo la mira e sapendo che poteva uccidere.
Thomas Bricca, la Procura conferma: «Ucciso per uno scambio di persona». Ha sparato Mattia Toson
A parlare della pistola è anche Beatrice, la sua ex ragazza, ora sotto protezione per evitare che vi siano ripercussioni.
«L'ho vista nel periodo natalizio dello scorso anno - riferisce ai carabinieri - e al riguardo Mattia mi diceva che la deteneva per paura dei ladri. Sinceramente ho anche preso in mano quella pistola e Mattia notata tale circostanza, mi invitava a riporla immediatamente. Ricordo che era pesante, ragione per cui penso fosse vera. Non ho poi più visto la predetta pistola e nulla ho più chiesto in tal senso a Mattia - prosegue la ragazza - la pistola che vidi in quella circostanza era di tipo quelle cosiddette a tamburo, così come quella che ho indicato ai carabinieri nel corso della precedente testimonianza».
LE CONTRADDIZIONI
Sia lui, sia il padre nel corso delle indagini si sono contraddetti più volte ovvero sono stati smentiti dalle risultanze che avevano raccolto gli uomini del nucleo investigativo provinciale dei carabinieri. Roberto Toson, ad esempio, ha sostenuto di non avere mai avuto un T Max e invece numerosi testimoni confermano che era nella sua disponibilità. Il mezzo è sparito e le indagini sono ancora in corso in tal senso, anche se difficilmente avranno esito.
Mattia, invece, dirà di non sapere nulla del casco bianco con una striscia nera, quando la ex fidanzata, invece, lo aveva riferito agli investigatori. Il casco era nel bagagliaio dell'auto della ragazza, usata il 30 gennaio da Mattia, e lei sentendo un rumore durante il viaggio per recarsi alla festa del figlio di Bruno Spada, prima ha chiesto cosa ci fosse poi ha aperto il porta bagagli e l'ha trovato. Quando lo ha riferito a Mattia, questi prima ha provato a dire che era del fratello, poi è uscito e al ritorno verso casa il rumore non c'era più. Il casco era stato fatto sparire.
CELLULARE SPENTO
Forse uno dei punti più controversi. Il telefono di Mattia non aggancia celle da poco prima dell'ora del delitto a quando va a casa della fidanzata per andare a cena: «Si era scaricato, ascolto tanta musica, lo uso per i giochi» - dirà agli investigatori - ma la preoccupazione della ragazza, del fratello e di chi lo aspettava a cena che continuano a chiamarlo mette in dubbio quanto raccontato dal giovane.Durante le perquisizioni legate agli arresti di martedì mattina sono stati sequestrati due telefoni cellulari - uno in uso al padre e l'altro al figlio, oltre a diversi coltelli. I due sono associati al carcere di Civitavecchia - dove saranno interrogati domani - perché a Frosinone Roberto Toson aveva lavorato come agente della penitenziaria (dalla quale era stato licenziato) e non è escluso che potesse ancora avere degli "agganci" tra i detenuti.
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