Difesa europea, primo passo verso la federazione di Stati

Difesa europea, primo passo verso la federazione di Stati
Gentile direttore, l’Europa è grassa e molliccia, incapace di difendersi e di esprimere una posizione comune in...

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Gentile direttore,


l’Europa è grassa e molliccia, incapace di difendersi e di esprimere una posizione comune in politica estera. Viviamo sotto l’ombrello della Nato che oltre a proteggerci è l’evidenza che la nostra sovranità è limitata: a livello mondiale comanda chi ha armi ed eserciti. L’Europa - con tante differenze al suo interno - al massimo chiede l’intervento dell’Onu. Dopo la disfatta afghana dell’Occidente appare evidente che l’America sposta il centro dei suoi interessi nel Pacifico e ne è una prova la costituzione di una rete difensiva, anti-cinese, con nuovi armamenti per l’Australia tra cui missili e sottomarini nucleari. È recentissima la crisi con la Francia per il ritiro della commessa australiana a beneficio di Usa e GB. Ma, almeno, i muscoli la Francia li ha mostrati.

Pietro Balugani
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Caro Piero,
dell’esercito europeo ma anche di un servizio di intelligence integrato se ne torna a parlare, con nessun risultato, ciclicamente. In occasione di attentati terroristici, di tensioni internazionali nelle aree confinanti con l’Unione, la Russia in particolare, e quando lo storico alleato americano dirotta i suoi interessi geopolitici in altre parti del mondo, come sta avvenendo adesso nell’Oceano Pacifico per mettere sotto pressione la Cina. L’addio dal Afghanistan non è stata una decisione improvvisa. La strategia ha radici nell’amministrazione Obama, è stata continuata da Trump e portata a termine da Biden. L’Unione europea avrebbe già avuto tutto il tempo per costruire un sistema comune di difesa e sicurezza. Ma condividere spese e tecnologie militari, informazioni riservate vorrebbe dire fare quel passo decisivo verso uno Stato federato che le singole nazioni non hanno mai compiuto se non per la lotta al Covid. Alzare la voce, come ha fatto la Francia, non serve a molto se poi di voci se ne sentono troppe. 

Federico Monga

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Il Mattino