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Gentile direttore,
la vicenda degli azzurri che, secondo taluni, avrebbero dovuto inginocchiarsi mentre risuonava l’inno nazionale in campo (a proposito, che succederà stasera?), mi spinge ad una riflessione. Il «take a knee» ha preso piede negli Usa qualche anno fa, sui campi da football, e non è certo la prima volta che si tenta di imitare, sia pure con il pretesto di una causa nobile quale la lotta contro il razzismo. Il punto è che ogni giorno si cerca di fomentare il simbolismo a tutti i costi servendosi di influencer o stelle dello sport per far passare tesi e posizioni il più delle volte politiche. La maggior parte di questi personaggi ha, con evidenza, una cultura non al di sopra della media nonché, al contempo, una grandissima, influenza su una quantità spropositata di followers o fan adolescenti. Dunque, nel momento in cui ripetono un messaggio, ai loro seguaci non si chiede di capire bensì di ripetere come automi. Ed è questo che non va, è questo il vulnus dei nostri tempi. A mio modesto avviso, ciascuno faccia ciò che sa far meglio: gli influencer continuino a produrre soldi a vagonate, gli sportivi facciano gli sportivi, chi ha il compito di educare o diffondere cultura, si dia da fare. Già, direttore, chi è che oggi ha il compito di fare cultura, in Italia?
Salvatore Rianna
Somma Vesuviana
Caro Salvatore,
non facciamo di tutti i calciatori un fascio.
Il Mattino