L'astensione alleata di Grillo

L'astensione alleata di Grillo
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Caro direttore, un paese di cento abitanti ha indetto le elezioni. Nel giorno stabilito solo dieci persone sentono il dovere di recarsi alle urne: sette di esse danno il voto al Grillo parlante e tre preferiscono altre liste. Con questo risultato e con novanta cittadini assenti all’appello, la dichiarazione fatta dal Grillo parlante di essere il primo partito, mi ricorda l’episodio del corridore che, per aver partecipato ad una gara di corsa campestre, si vantava con tutti di essere arrivato secondo, ma, quando una voce dal pubblico gli chiese: «Quanti corridori eravate?», con un fil di voce, rispose: «Due!»




Edwige Maria Maresca - NAPOLI



*****



Cara Edwige, la storiella sembra funzionare ma è priva di un passaggio essenziale. Chi ha impedito agli altri corridori di iscriversi alla gara? Nessuno, naturalmente. Fuor di (sua) metafora: la scelta dell’astensione è sempre pericolosa e non ci mette al riparo da sorprese sgradevoli nell’urna. Se si vuole evitare che una minoranza nel Paese diventi maggioranza non c’è altro modo che confrontarsi, turarsi il naso e andare a votare anche se l’offerta non è allettante, anzi risulta maleodorante. Altre strade non ne vedo: basti guardare quel che è successo in Sicilia. Troppi sono i lati oscuri del grillismo e ogni giorno non manchiamo di additarli. Ma in una democrazia due cose sono da evitare accuratamente: la prima è quella di cambiare le regole durante il gioco. Suona sinistro e rischia di moltiplicare la protesta oltre i suoi confini naturali. Ogni riferimento alle modifiche mirate del Porcellum è puramente voluto. La seconda è quella di rinunciare ad esporre i propri principi, anche confliggendo. Spero che gli italiani, memori dei disastri prodotti dalla loro ritirata - come cittadini - nei momenti cruciali, stavolta non gettino la spugna non andando a votare. In quel caso perderebbero anche la facoltà di parola (oltre che la dignità).





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