Nuova spinta per il lavoro senza più barriere al merito

Nuova spinta per il lavoro senza più barriere al merito
Gentile Direttore, è appena trascorso l’anniversario del vile assassinio di Marco Biagi. Nel 2001 ci spiegava che i diritti dei lavoratori si conquistano prima di...

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Gentile Direttore, è appena trascorso l’anniversario del vile assassinio di Marco Biagi. Nel 2001 ci spiegava che i diritti dei lavoratori si conquistano prima di tutto nel mercato, ma se le regole del mercato tolgono opportunità, invece di crearne, se costringono all’esilio le forze migliori, allora a pagarne il prezzo più alto sono proprio i lavoratori. Va rotta la falsa equazione tra “flessibilità” del lavoro e diminuzione dei diritti dei lavoratori. Serve una nuova fase post emergenza Covid: bisogna intervenire soprattutto sul passaggio da un posto di lavoro a un altro, facilitando questo processo con Agenzie per il lavoro più responsabilizzate ed efficienti e politiche attive legate alla formazione. Bisogna lavorare su strumenti che facilitano l’integrazione tra scuola e lavoro e su stimoli attivi alla formazione. Bisogna eliminare le causali e sviluppare modalità di protezione e di tutela dei nuovi lavori. Solo così si può ipotizzare una ripartenza.


Andrea Zirilli

 

Caro Andrea, non concordo. Non è il mercato che toglie le opportunità ai nostri giovani o alle nostre forze migliori. Semmai il contrario, come diceva Marco Biagi. In Italia, patria delle corporazioni, ci sono troppe barriere al mercato del lavoro che escludono il merito. Partiamo dagli ordini professionali che dovrebbero limitarsi al controllo della deontologia e semmai a fornire qualche servizio agli iscritti. Invece si sono trasformati in un imbuto all’ingresso alla professione. Passiamo alla differenza dei contratti del tutto slegati dalle capacità e dal merito. Per cui chi sta all’interno del recinto protetto di un contratto nazionale molto spesso ha stipendi e garanzie da serie A anche e anche se gioca da serie C. E invece molti giovani o precari di grande valore hanno contratti di serie B con perfomance da Champions. Per non parlare poi delle angherie e degli stipendi da fame, quando ci sono, degli stagisti. E mi riferisco in particolare agli studi di avvocati, commercialisti e architetti soprattutto al Sud. Fino ad ora abbiamo messo troppe protezioni e il risultato è sotto gli occhi di tutti. Forse varrebbe la pena provare a cambiare un po’ verso. O no? 

Federico Monga

 

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Il Mattino