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ROMA Stanco di essere assediato dai tabloid inglesi che volevano sapere com’era andata la stesura di “Spare”, la biografia del principe Harry, il premio Pulitzer J. R. Moehringer ha raccontato tutto sul New Yorker. Lavorare con Harry non è stato facile, ci sono stati alterchi e discussioni, e persino urla. Moehringer a un certo punto ha pensato di mollare tutto, ma i Sussex lo ospitavano nella dependance della villa di Montecito, lo andavano a trovare durante la loro passeggiata serale, Meghan era gentile e gli portava cibo e dolci, e Harry parlava con sua figlia Gracie del film Disney del 2016 “Oceania”, di cui sapeva tutto.
Il brillante scrittore, che ha curato anche le biografie del tennista Andre Agassi e del fondatore di Nike, Phil Knight, ha rivelato che aveva accettato di scrivere per Harry «perché gli piaceva il tipo» e anche perché sua madre Dorothy era morta da poco: voleva condividere il proprio dolore con quello del principe per la scomparsa di Diana, e confrontarsi con lui sulla figura del “padre assente”, visto che pure il suo non era stato tenero con sua madre. «I nostri dolori sembravano ugualmente freschi - ha scritto -. Penso di aver accolto egoisticamente l’idea di poter parlare con qualcuno, un esperto, di quel desiderio infinito di poter chiamare tua madre».
OPINIONI SU ZOOM
Il lavoro sul libro è durato due anni. Avevano cominciato a scambiarsi opinioni grazie a Zoom e ai messaggi di testo durante la pandemia, ma finita l’emergenza Moehringer era andato ad abitare da loro.
ESASPERANTE
Mike Tindall, l’ex rugbista che ha sposato Zara Phillips, figlia della principessa Anna, ha detto che a volte Harry è così esasperante che ad alcuni membri della Royal Family è venuta voglia di prenderlo a pugni. Anche Moehringer ha sperimentato una simile sensazione: «Mi battevano le tempie, serravo la mascella ed iniziavo ad alzare la voce. Harry veniva verso di me con le guance rosse e gli occhi stretti, e ho pensato: ecco che tutto finisce qui». Ma nessuno dei due voleva davvero che finisse. Harry si è acquietato, è stato zitto per un po’, poi ha spiegato di avere tanto insistito solo per il desiderio di dimostrare che non era un idiota.
Dopo l’uscita del libro, la vita di Moehringer è cambiata, perché anche lui è stato assediato dai reporter britannici, che lo seguivano in auto, lo aspettavano davanti alla scuola materna del figlio, lo spiavano davanti a casa. «Un giorno ho alzato lo sguardo e ho visto il volto di una donna alla mia finestra. Come in un sogno, mi sono avvicinato e ho chiesto: “Chi sei?” Attraverso il vetro, mi ha risposto: “Sono del Mail on Sunday”. Quando Moehringer gli ha raccontato l’episodio, Harry gli ha detto: “Benvenuto nel mio mondo”». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino