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Patty Pravo è un'icona immortale. A 74 anni, la cantante veneziana è di diritto nel gotha della musica italiana, sia per le sue produzioni, che per il suo stile iconfondibile. Trasgressiva, già da bambina: «A 10 anni fumai la prima sigaretta, e non ho mai smesso. Mi davano 50 lire per la gondola, io andavo a scuola a piedi e le spendevo per le Nazionali super; poi sono passata alle Marlboro rosse», ha detto al Corriere della Sera.
Patty Pravo, i mariti e la vita privata
«A 14 anni anziché a scuola sono stata a fare l’amore. L'ho detto ai miei nonni, che mi hanno lasciata andare. Erano persone libere e mi hanno sempre fatto vivere libera. La nonna usciva di notte per comprare la prima copia del giornale e tornava all’alba», continua la cantante.
Sulla sua vita sopra le righe ha rivelato: «Le droghe le ho provate tutte, tranne la cocaina che mi fa schifo.
Sui cinque mariti ha detto: «Di matrimoni ne ho celebrati cinque; ma veri solo tre. Il primo con Gordon Fagetter, un batterista. Il secondo on Franco Baldieri, antiquario a Roma. Ci incontrammo e ci riconoscemmo. Passammo la notte insieme, e il mattino andammo in Campidoglio a chiedere i documenti per sposarci. Cavallina, la spia dei paparazzi, avvisò tutti: “C’è Patty Pravo che si sposa!”. Ero senza trucco, per fortuna sopra il pigiama avevo messo la pelliccia. Ora invece sono felicemente sola».
Ma perché così tanti matrimoni? «Erano sempre loro a volersi sposare, e mi pareva brutto dire di no. Però in America andai con Jeffrey: scendemmo allo Chateau Marmont, a Los Angeles, e ci restammo un anno. Il problema sorse quando a San Francisco incontrai un altro musicista, Jack Johnson. Stracciai contratti miliardari con Jeffrey e lo lasciai lì. Ma venne fuori che le nozze con Baldieri non erano state annullate. L’avvocato mi tranquillizzò: la bigamia era punita; ma io sarei stata trigama. E la trigamia nel codice penale non è contemplata»
Un figlio? «Non ne ho mai sentito la necessità. E non ci ho mai pensato davvero, tranne che con Gordon, il mio primo marito. Eravamo in Giappone. Ci chiedemmo: ma mentre suoniamo chi lo guarda? Pensammo che avremmo potuto dondolarlo collegando la culla al pedale della batteria. Ma mentre lo dicevamo capimmo che non era il caso».
Il Mattino