Gaetano Pascale: Leguminosa, scommessa sulle proteine nobili

Gaetano Pascale
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«Dal 1950 ad oggi il consumo di legumi pro capite è passato da 15 chili l'anno ai circa 3 di oggi. La sfida di Leguminosa è sensibilizzare al consumo di questi alimenti per stare bene, sostenere l'ambiente e creare reddito». Gaetano Pascale, presidente nazionale di Slow Food, considera i legumi una vera miniera da riscoprire.


Presidente Pascale, «Leguminosa» è innanzitutto un omaggio al grande patrimonio di legumi del Paese e in particolare del Sud?
«È un grande riconoscimento a un giacimento importante, ma è anche molto di più. Puntiamo, infatti, a incentivare conoscenza e diffusione di un alimento sottovalutato». Perché oggi manca adeguata attenzione sui legumi?«È cambiato lo stile di vita, è cresciuto il reddito e ci si è orientati verso un modello di nutrizione a base di carne. Inoltre i legumi richiedono tempo e questa società non vuole perdere tempo per le cose importanti».

Come si risponde all'eterno dilemma su proteine vegetali o animali?
«Le coltivazioni vegetali sono di certo più sostenibili rispetto agli allevamenti animali. In teoria per produrre 1 chilo di proteine animali si consumano 1,6 chili di proteine vegetali. Consumiamo più per dare da mangiare agli animali da macellare che per dare da mangiare alle persone. Per produrre un chilo di carne bovina occorrono 15mila litri di acqua, ma per un chilo di legumi bastano 200 o 400 litri di acqua. Ma sono due modelli che possono convivere, senza integralismi».

Ma come si protegge la biodiversità dei legumi dall'attacco anche mediatico di chi sostiene gli Ogm?
«Facendo cultura tra la gente, per questo sono importanti eventi come Leguminosa. Il primo fattore di protezione è culturale. L'importanza di un nuovo modello di consumo è in tre ragioni: assicurare la qualità alimentare e la salute; garantire la sostenibilità ambientale; promuovere l'equità sociale, cioè dare reddito in maniera diffusa e non concentrando tutto nelle mani delle multinazionali».

Leguminosa è anche il luogo dei ragazzi.
«È la formula sperimentata negli eventi di Slow Food. Siamo convinti che anche il gioco serva a raccontare le dinamiche che stanno dietro alla produzione del cibo».

I legumi come volano anche economico per il sud?
«Certo. Si prestano alla coltivazione in contesti ambientali complessi, richiedono poca acqua, non hanno bisogno di fertilizzazioni, dunque si possono coltivare anche in zone collinari o montane, creando identità territoriale».

Ci racconta la sua ricetta preferita?

«Semplice e antica. È il pane raffermo con i fagioli sia bianchi che rossi. Si mette a mollo il pane nell'acqua di cottura dei fagioli; quando è ben umido lo si cosparge di fagioli e olio extravergine a crudo. Un piatto povero ma straordinario, che dà il senso del cibo della memoria». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino