Mozzarella di bufala: «No al latte congelato»

Pier Maria Saccani e Mimmo Raimondo
Roma. A leggere i numeri stupisce che si possa sentire ancora parlare in giro di latte congelato. La mozzarella dop cresce dal 2012 in modo inarrestabile passando da 37.122 a...

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Roma. A leggere i numeri stupisce che si possa sentire ancora parlare in giro di latte congelato. La mozzarella dop cresce dal 2012 in modo inarrestabile passando da 37.122 a 41.295 tonnellate, il fatturato alla produzione da 300 a 330 milioni di euro, quello al consumo da 500 a 540. E si tratta dei numeri certificati ai quali bisogna aggiungere quelli ricavati fuori dalla dop.Ma l'ossessione è crescere, crescere, crescere. Così mentre la maggior parte dei consorzi è alle prese con i problemi di saturazione se non di restringimento di mercato, quello della Mozzarella di Bufala è preoccupato di non poter crescere ancora. Il presidente del Consorzio Mimmo Raimondo e il neo direttore Pier Maria Saccani hanno presentato ufficialmente i dati 2015 manifestando la volontà di gestire meglio i mesi invernali in cui la vendita si contrae rispetto alla produzione ma escludendo che la soluzione sia inserire la possibilità di congelare il latte.


Problema eterno e all'origine delle tensioni di sempre. Come è noto, la mozzarella per essere dop deve essere lavorata da latte che non sia stato munto da più di 60 ore. Il desiderio di alcuni è avere la possibilità di andare oltre e dare più elasticità ai trasformatori.La risposta che da alcuni si tenta di dare va insomma nella direzione più facile, perseguita anche in altri comparti: aumentare i numeri e allargare i mercati più che apprezzare ulteriormente il prodotto. Premono in questa direzione gli interessi dei grandi caseifici in antitesi a quelli artigianali che in questi anni, grazie all'attenzione dell'alta ristorazione ma soprattutto grazie al movimento della pizza napoletana che sta conoscendo una incredibile espansione, hanno trovato uno spazio commerciale sempre più ampio. Un po' come nella dialettica tra panettoni industriali e panettoni artigianali.


Nel primo caso il reddito viene dall'elevato numero di pezzi, il secondo dalla qualità della lavorazione, dei prodotti e, perché no, del marketing piccolo è bello che in Italia funziona sempre.Il settore, insomma, scoppia di salute, punta sulla forza del prodotto in quanto tale e la crisi di immagine dopo la diossina e la Terra dei Fuochi è ormai alle spalle sul piano mediatico. Le analisi continuano a confermare quello che tecnici del settore hanno ribadito sin dalla prima ora: la mozzarella è un prodotto sano oltre che salutare.Vento in poppa, dunque, la preoccupazione del comparto è solo come guadagnare ancora di più nel 2016, anche se gli addetti sono stabili dal 2012, 15mila, indotto compreso, per 102 caseifici iscritti. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino