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Classe 1973, già direttrice della fiera di arte contemporanea “Artissima” di Torino dal 2017 al 2021, Ilaria Bonacossa è stata nominata direttrice del nuovo Museo Nazionale dell’arte digitale a Milano.
Una realtà tutta da progettare. La abbiamo incontrata per farci raccontare come sarà il futuro museo ma anche per parlare di donne e cultura. Anzi, di donne ai vertici della Cultura.
Come sta lavorando al progetto del Museo?
«È una vera avventura.
E per le collezioni?
«Bisogna capire se guardare anche indietro o solo da qui in avanti, quest’ultima mi sembra la linea più efficace. Non si può raccontare tutto. Ci sarà una mappatura della produzione digitale italiana e sarà un’occasione per farla conoscere anche all’estero. Tra i centri ai quali guardare come modello, Zkm in Germania, che investe in questo mondo da anni».
In Italia, l’arte digitale è diffusa?
«Non siamo indietro come produzione, ma come collezionismo. Credo che questo museo sarà utile per l’Italia, per farci vedere, non più e non solo come il museo del mondo, nell’accezione negativa della definizione, ma come un Paese proiettato anche verso il domani».
Ha incontrato ostacoli nella carriera, in quanto donna?
«Sì e no, direi. Ho seguito un master a New York quando non c’era questa abitudine, al rientro in Italia avevo qualifiche importanti e ho iniziato subito il lavoro alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. Di certo, però, tutti i lavori nella Cultura sono fatti di contratti a termine e se fai dei figli, ti senti in una situazione di fragilità. Fortunatamente, è andato tutto bene e mia madre e mia suocera mi hanno aiutata molto. Se, però, fosse successo qualcosa o se non avessi avuti questi aiuti..».
Nessuna difficoltà in colloqui e selezioni?
«Se sei donna, ti chiedono se sei fidanzata. Prima di avere questo incarico, avevo partecipato a un altro bando e mi è stato chiesto come avrei fatto con la scuola delle mie figlie, se avessi avuto l’incarico e quindi mi fossi dovuta trasferire. Agli uomini queste domande non vengono poste. Il mio consiglio alle ragazze è di non dire la verità quando chiedono loro se sono fidanzate. Non ha nulla a che vedere con il lavoro».
Come immagina il team del nuovo museo?
«La persona giusta al posto giusto. Nel mondo dell’arte contemporanea il 60/70 per cento è rappresentato da donne. Non sarà difficile, quindi, averne molte nel team».
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