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Molti britannici, soprattutto donne, da ieri si pongono una domanda inquietante: «Ci si può fidare della polizia?». È la prima reazione alla condanna all’ergastolo, senza possibilità di libertà condizionale, inferta dal tribunale penale della Old Bailey di Londra a Wayne Couzens, ex poliziotto quarantottenne di Scotland Yard che nel marzo scorso, quando era ancora in servizio, con un falso provvedimento di fermo rapì in una zona residenziale di Londra Sarah Everard, 33 anni, per poi stuprarla e ucciderla nel vicino Kent. Non solo. L’ombra di questa violenza si allunga su tutto il dipartimento investigativo: il Times rivela che l’assassino ha scambiato materiale misogino, razzista e omofobo con colleghi che ora sono sotto indagine penale.
Sarah Everard, ergastolo al poliziotto che la stuprò e la uccise. Il giudice: «Un caso devastante»
L’INCHIESTA
Cinque agenti di polizia in servizio, tra cui tre del Metropolitan police, e un ex ufficiale avrebbero condiviso materiale gravemente offensivo con Wayne Couzens su un gruppo Whatsapp prima che l’uomo abusasse del suo potere per rapire, stuprare e uccidere la sua vittima. La rivelazione è un duro colpo per Scotland Yard, che sta cercando di ricostruire il rapporto di fiducia con i cittadini. Dopo il suo arresto a marzo, gli investigatori hanno trovato nel telefono di Couzens messaggi che la Commissione indipendente per i reclami della polizia (Iopc) ha definito «di natura discriminatoria e/o inappropriata». L’Iopc ha dichiarato in una nota: «Gli agenti sono indagati per colpa grave per aver inviato quei testi e per presunta mancata contestazione dei messaggi inviati dagli altri». Quando a Sue Fish, ex capo della polizia del Nottinghamshire, è stato chiesto su Times Radio se credeva che le forze di polizia fossero istituzionalmente misogine, ha risposto: «Sì, lo credo. E questa non è solo la polizia metropolitana. Lo è la polizia, strutturalmente, in tutto il Paese». Alla domanda se Couzens fosse una «mela marcia» o un esempio estremo di un problema istituzionale, il vicecommissario della polizia metropolitana Nick Ephgrave ha affermato: «Ci sto lottando anch’io».
I PROCEDIMENTI
L’Iopc ha garantito che cercherà di concludere le indagini «il più rapidamente possibile».
CORPO BRUCIATO
Il giudice Fulford, nel leggere la sentenza di ergastolo nei confronti di Couzens, ha parlato di dettagli «brutali» dell’omicidio. Il killer, licenziato dalla Met Police dopo essersi dichiarato colpevole, ha strangolato la vittima con il cinturone in dotazione agli agenti e poi ne ha bruciato il corpo. «Senza dubbio ha usato il suo ruolo» per compiere il crimine, ha sottolineato il giudice, arrivando a paragonare l’omicidio a un’atrocità di stampo terroristico. Couzens aveva mostrato a Sarah il tesserino di Scotland Yard ed evocato la presunta violazione delle norme anti Covid allora in vigore. La notizia della condanna ha scosso le autorità britanniche ai livelli più alti. Il premier Boris Johnson si è detto «disgustato» e «senza parole» per i particolari emersi. Poi non ha potuto che affrontare il tema sempre più scottante della sicurezza: «La nostra polizia è qui per proteggerci e so che gli agenti condivideranno lo shock e la devastazione per il totale tradimento di un dovere di servizio», ha sottolineato il primo ministro, precisando che chiunque «deve poter camminare per le nostre strade senza timore e con la piena fiducia che la polizia lo tenga al sicuro». Ma sono le fondamenta di un’istituzione centenaria come Scotland Yard a subire il colpo maggiore. Lo ha ammesso la sua comandante, Cressida Dick (prima donna in questo ruolo), già al centro di polemiche per la sua gestione della forza di polizia più famosa del Paese. Parlando di fronte alle telecamere ha rivolto nuove scuse alla famiglia di Sarah e affermato che i crimini commessi da Couzens hanno gettato un grande discredito sulla Met. Per la ministra degli Interni, Priti Patel, ora Scotland Yard deve rispondere a «importanti domande». Mentre c’è anche chi chiede le dimissioni di Dick, come ha fatto la deputata laburista Harriet Harman. Couzens infatti era già stato accusato di atti osceni nel 2015 ma mai incriminato e soprattutto era rimasto in servizio. Si dice perfino, stando ad alcuni media britannici, che i suoi colleghi lo avessero soprannominato «the rapist», lo stupratore.
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