Aston Martin, St Athan sarà la casa dell’elettrico e della Lagonda

Aston Martin, St Athan sarà la casa dell’elettrico e della Lagonda
GAYDON - Anche l’Aston Martin è pronta a convertirsi all’elettrico e la casa di questa rivoluzione sarà a St Athan, nel Galles, dove era già...

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GAYDON - Anche l’Aston Martin è pronta a convertirsi all’elettrico e la casa di questa rivoluzione sarà a St Athan, nel Galles, dove era già prevista la costruzione dello stabilimento destinato a far rinascere il marchio Lagonda destinato ad essere, nelle strategie del costruttore britannico, il primo marchio di lusso elettrico del mondo.


A St Athan saranno dunque costruiti due modelli: il primo – negli annunci non in ordine di tempo – è il Suv elettrico con marchio Lagonda derivato dalla Lagonda Vision Concept presentata al Salone di Ginevra del 2016; il secondo sarà la Rapide E, la berlina a emissioni zero da oltre 600 cv destinata a fare concorrenza alla Tesla Model S, ma soprattutto alla Porsche Mission E. La produzione partirà dal 2019. Nel frattempo la costruzione dell’impianto produttivo è arrivata alla terza ed ultima fase. Come è noto, St Athan è un ex sito militare riconvertito dalla Aston Martin Lagonda con un investimento di 50 milioni di sterline.Lo stabilimento di St Ethan impiegherà a regime 750 persone, 150 delle quali sono state già reclutate e, in parte inviate a Gaydon, dove l’azienda ha il suo quartier generale, per avviare i processi di addestramento in vista dell’avvio della produzione.

La Rapide E sarà il primo modello prodotto mentre per la Lagonda bisognerà aspettare il 2021. In ogni caso, si tratta di una vera rivoluzione visto che parliamo di due dei marchi più antichi e tradizioalisti del mondo: la Lagonda è stata infatti fondata nel 1904 e l’Aston Martin nel 1913. Nel 1947, dopo essere state acquistate da Sir Davide Brown, si unirono. Al momento la Aston Martin Lagonda impiega 2.700 persone e nel 2017 ha generato profitti di 230,8 milioni di sterline (su un fatturato di 876 milioni) divisi tra i fondi Adeem, Tejara e l’italiana Investindustrial e la Daimler che detiene il 4,9% delle azioni, senza diritto di voto. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino