BYD, prima pietra per la fabbrica di batterie al sodio, più economiche (ma meno efficienti) delle NMC e LFP

La cerimonia di avvio dei lavori per lo stabilimento di Xuzhou con un investimento di 1,28 miliardi di euro da parte di BYD e Huaihai Group: sarà capace di produrre batterie al sodio per una capacità annua di 30 GWh.
BYD ha dato il via la costruzione di un nuovo sito produttivo dedicato alle batterie al sodio presso Xuzhou, città nella provincia di Jiangsu e a metà strada tra la...

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BYD ha dato il via la costruzione di un nuovo sito produttivo dedicato alle batterie al sodio presso Xuzhou, città nella provincia di Jiangsu e a metà strada tra la capitale Pechino e Shanghai. L’investimento, attuato attraverso la consociata Findreams Battery, rientra all’interno dell’accordo con Huaihai Group (azienda specializzate in motocicli e tricicli) siglato lo scorso 18 novembre a Shenzen (quartier generale di BYD) per un investimento di 10 miliardi yuan (1,28 miliardi di euro) e una capacità produttiva pari a 30 GWh.

La posa della prima pietra è avvenuta il 4 gennaio scorso, come riportato dal sito carnewschina.com, e stabilimento ne segue un altro, in via di ultimazione presso la stessa località, la cui costruzione è stata avviata all’inizio del 2023 e che è dedicato invece alle batterie LFP (Litio-Ferro-Fosfato) con celle a lama “blade”. Entrambi gli impianti si troveranno all’interno della Xuzhou Economic and Technological Development Zone. I pacchi batteria al sodio sono destinati a mezzi di segmenti bassi prodotti dalla stessa BYD (e dai suoi numerosi clienti) e ai motocicli della Huaihai Group.

Queste batterie infatti sfruttano il sodio al posto del litio e dunque sono nettamente più sostenibili, sia dal punto di vista ambientale sia economico, anche più di quelle LFP. Secondo alcune stime, il loro costo è un terzo di quelle NMC, ma con una densità di energia e potenza inferiori del 50%. Tra i loro pregi ci sono anche sicurezza, riciclabilità, tenuta della carica, durata e possibilità di lavorare in una gamma di temperature molto più ampia (-20°C - +60 °C invece di 15-35 °C). Tra i suoi vantaggi, anche la possibilità di impiegare materiali meno costosi ed essere prodotta sulle stesse linee delle NMC con poche modifiche.

Non si tratta tuttavia di una novità poiché già la JAC, partner di Volkswagen, sta già commercializzando la city car Yiwei. Anche Jiangling Motors (JAC), joint-venture con Ford, ha fatto lo stesso con la JMEV EV3 dotata di batteria al sodio prodotta dalla Farasis, società partecipata da Daimler. Al momento la densità gravimetrica è di 140-160 Wh/kg con la prospettiva di arrivare per gradi fino a 200 Wh/kg entro il 2026. Anche la Northvolt (partecipata da Volkswagen), ha pronta la sua cella al sodio da 160 Wh/kg e anche la Chery ha appena lanciato sua iCar con batteria al sodio e 251 km di autonomia.

A fornirla è il numero uno mondiale delle batterie, la cinese CATL che ha piani importanti e, così come Northvolt e Farasis, ha raggiunto i 160 Wh/kg di densità puntando alla soglia dei 200 Wh/kg. Trattasi dunque di un ulteriore segmento del mercato delle batterie che è in via di esplosione visto che nel 2022 la produzione totale in Cina di quelle al sodio era di soli 2 GWh. Secondo uno studio della IDtechX, l’impiego delle batterie agli ioni di sodio crescerà del 600% entro il 2033 con un ritmo annuo medio del 27% portando la capacità totale a 67,7 GWh, ma visti i programmi della BYD, le stime potrebbero rivelarsi pessimistiche.

La destinazione di elezione di questa tecnologia sono le auto a basso costo e destinate ai mercati emergenti, i motocarri, i motocicli e i sistemi stazionari. L’utilizzo del sodio tuttavia non è una novità. Batterie al sodio (insieme a zolfo) sono state impiegate sullo Space Shuttle e sono tutt’ora utilizzate dalla NASA. E le batterie al Sodio-Nickel-Cloruro anzi hanno segnato i primi passi dell’auto elettrica: furono infatti le prime ad essere utilizzate sulla Smart Electric Drive prima di essere sostituite da quelle agli ioni di litio fornite da Tesla. Rimane da vedere se anche per questa tecnologia, dove non c’è impiego di materiali costosi o critici controllati dalla Cina, sarà comunque il Dragone a dare ancora una volta le carte. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino