NEUBERG AN DER DONAU – Lucas di Grassi arriva in macchina alla presentazione della sua quarta stagione in Formula E, quella in cui parte come campione del mondo in carica....
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Quando sottolinea l'importanza di chi sta al volante non è né arrogante, né presuntuoso. Di Grassi è un campione spontaneo e, in qualche modo, genuino, che sorride anche quando firma gli autografi agli sconosciuti che frequentano l'eVillage collegato agli ePrix. Alcuni dei quali non hanno mai visto una monoposto, non sanno del cambio macchina, figurarsi se conoscono i volti dei campioni gente a cui chiedono una firma. Di Grassi, anche prima di vincere il titolo, era forse già l'emblema di questo campionato, quello che va dagli spettatori e non viceversa.
Il titolo della scorsa stagione l'ha vinto lei o l'ha perso Buemi?
(sorride) «Tutti e due: io l'ho vinto e lui l'ha perso. Ma anche senza i punti che ho guadagnato a New York (Buemi era assente per impegni nel Wec con Toyota, ndr) sarei stato comunque davanti, per due punti».
La nuova macchina?
«Quando l'ho vista, l'altro giorno, me ne sono innamorato subito.
E tecnicamente?
«Dentro l'abitacolo abbiamo fatto un passo avanti».
C'è altro?
«Secondo noi è una macchina che va bene. Ma questo non conta. In gara conta come vai, ma rispetto agli altri».
Quest'anno avrete più potenza a disposizione...
«Più potenza non significa maggiore difficoltà di guida. Ho pilotato per due anni anche nelle Lmp1 una macchina da milleduecento cavalli... ma un go kart, che ne ha appena venticinque, è estremamente difficile da guidare».
Significa che...?
«Che nell'Lmp1 ed in Formula 1 è necessario avere una macchina buona per vincere. Ma nella Formula E tra la migliore e la peggior è difficile non c'è più di un secondo di differenza».
Il resto lo fa il pilota?
«Il fattore umano è determinante. Nel nostro circuito puoi vincere anche una vettura media. Quando vedo uno come Alonso che non riesce più a salire sul podio vuol dire che c'è qualcosa che non va nel motorsport».
Perché il pilota è così importante rispetto ad altre competizioni?
«Arriviamo il sabato, abbiamo un'ora di prove libere su una pista che nessuno conosce e poi abbiamo un giro per la qualifica. Se sbagli una volta, è finita».
Con la quinta stagione sparisce il cambio macchina.
«È l'evoluzione naturale del campionato. Anche se questa soluzione mi piace perché è diversa da tutte le altre corse, ma è uno sviluppo necessario: in questi anni la batteria ha raddoppiato capacità energetica».
Qual è il suo vero circuito di casa?
(sorride di nuovo) «Beh, sono brasiliano. Ma per me correre a Roma sarà come essere in casa. Ho gareggiato tanto in Italia e ho il passaporto italiano». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino