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Buon compleanno Giacomo Agostini. “Ago” spegne 80 candeline, ma brillano ancora di luce propria i 15 titoli mondiali con MV Agusta e Yamaha, nelle cilindrate 350 e 500, tra il 1966 ed il 1975. Un palmares che resta unico nella velocità su due ruote: 122 Gran Premi (54 in 350, 68 in 500, più 37 podi), 10 Tourist Trophy. Fu lui il primo «non britannico», nel 1968, a vincere sia la gara Junior che quella Senior sull’isola di Man, in sella alla MV, sfrecciando tra muretti, marciapiedi e pali della luce. Nato a Brescia, il 16 giugno del 1942, primo di tre fratelli, il padre lo voleva ragioniere e quando Giacomo gli disse che avrebbe voluto correre in moto chiese consiglio al notaio di famiglia. Il quale, equivocando fra ciclismo e motociclismo, rispose «ma sì, fagli fare sport». Un malinteso che aprì le porte alla carriera di un campione. Iniziata in bianco e nero, quando un sottile strato di pelle ed un casco di sughero - che lasciava scoperte nuca e tempie - erano le uniche concessioni alla sicurezza.
Mancavano decenni alle tute con l’air-bag ed alle vie di fuga.
Dopo 13 anni di trionfi, nel 1974 Agostini accetta la corte della Yamaha. Il passaggio dai quattro ai due tempi non lo spaventa e l’anno dopo vince in 500 il suo ultimo titolo, il primo per la casa giapponese. Ma Agostini non era solo motociclismo e velocità. Affascinante in sella quanto in giacca e cravatta, è stato un grande manager di se stesso, antesignano del personaggio che un giorno diventerà Valentino Rossi. Testimonial di marchi famosi, attore di fotoromanzi, giovane, bello e vincente, faceva notizia anche senza tuta: copertine sui settimanali rosa, caroselli pubblicitari, addirittura film. Apparve in tre pellicole. Leggere, certo, ma non sfigurava se è vero che ricevette anche una offerta da Pietro Germi, per un film importante. Che però lo avrebbe tenuto lontano dalle piste per un’intera stagione. E lui, che restava prima di tutto un pilota, rispose di no. Sempre fedele alle due ruote. Tanto da declinare una proposta di Enzo Ferrari, condizionata però al totale abbandono delle corse in moto. Ma quello era il suo mondo ed Ago non si è mai pentito di aver vissuto così i migliori anni della sua carriera.
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