Piscitelli (designer Jeep): «Nella Wrangler c'è una tradizione da rispettare e si può innovare solo rispettando la storia»

Chris Piscitelli, il papà di origini italiane della nuova Jeep Wrangler
SPIELBERG – Gli esterni di Jeep hanno un “papà” di origini italiane. Si chiama Chris Piscitelli ed è un designer di 36 anni strappato nel 2013...

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SPIELBERG – Gli esterni di Jeep hanno un “papà” di origini italiane. Si chiama Chris Piscitelli ed è un designer di 36 anni strappato nel 2013 dalla casa delle Sette Feritoie a General Motors, per la quale si era occupato di vari marchi e anche di truck. Adesso è nell a squadra di design con Marc Allan e Marc Hall. È un italiano di terza generazione, la cui storia americana ha radici calabresi (la parte materna) e napoletane (quella paterna). È in Austria per il lancio della nuova Wrangler dopo essere stato in Portogallo lo scorso anno per la Compass.

 

Di italiano ha solo il cognome?
«Un po' lo capisco, ma solo un po'. E quasi non lo parlo: in casa lo parlavano solo i miei nonni e quindi non lo esercitavo. Tutti volevano essere americani».

Però?
«Però gesticolo parecchio (sorride, ndr). E ho promesso ai miei colleghi che lo imparerò. Per la presentazione, non so quale, del prossimo anno».

La più bella auto mai disegnata in assoluto?
«La Lamborghini Miura. Mi piacciono i “classici” e mi piace il design italiano di quegli anni».

La sua ambizione di designer qual è?
«Il designer ha una visione e sogna di farla arrivare su strada. Perché in genere dal bozzetto originale al modello di serie cambiano molte cose. L'ambizione è quella di riuscire a restare fedeli all'idea iniziale».

Ci è mai riuscito finora?
«Nel design per la produzione è difficile: si combatte per millimetri e i tempi sono lunghi. Ma in questi anni ho avuto la fortuna di potermi occupare dei modelli per il raduno di Moab e per quelli non c'è problema nemmeno se devi tagliare mezzo metro. E i tempi sono rapidissimi. Le Safari e Quicksand sono due begli esempi. E sono inconfondibilmente Jeep».

Troppo spesso sembra che i costruttori si limitino ad intervenire solo su fari e paraurti...
«In Jeep la strada è stretta e con la Wrangler lo è ancora di più. C'è una tradizione da rispettare e si può innovare solo rispettando certi equilibri. La sfida consiste proprio in questo: cercare la bellezza avendo considerazione per la storia».

Quindi non la preoccupa se chi guarda crede che siano stati cambiati solo dei dettagli?
«No. E di sicuro non per la Wrangler, che per noi è un'icona. È la nostra Porsche 911. E deve rimanere autenticamente Jeep».

Come deve essere la macchina che vorrebbe disegnare?
«...Non lo so: non ho una risposta. Ma è come chiedermi che gusto di gelato preferisco: mi piacciono tutti».

E se potesse scegliere un altro marchio per cui lavorare, quale sceglierebbe?

«Nessuno. Jeep è il marchio più divertente per il quale abbia mai lavorato». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino