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I giapponesi hanno percepito in anticipo, rispetto ai competitor globali, l’importanza dell’elettrificazione nello sviluppo della mobilità. Non sempre però hanno trasferito rapidamente sul mercato tutte le nuove tecnologie. Lo ha sicuramente fatto Toyota “inventando” l’ibrido tradizionale e sdoganandolo nel mondo fin dai tempi della prima Prius. Un po’ meno ha però creduto nell’ibrido plug-in e nel full-electric, formule che ora sta sviluppando celermente. Più piccola ma agile di pensiero, Suzuki ha invece lanciato la formula meno costosa dell’ibrido leggero (micro o mild hybrid) che poi è stata adottata, diciamo pure copiata, da quasi tulle le Case, comprese le premium tedesche. Ma Suzuki non si è fermata lì, creando proprio con il colosso Toyota una joint-venture che le consentirà di accedere – condividento tecnologie ed investimenti - alle migliori soluzioni del prestigioso partner.
La collaborazione, in atto fin dal 2017 con un memorandum d’intesa, ha avuto un’accelerazione due anni dopo. E i due costruttori hanno unito le forze anche nella condivisione delle sedi produttive e nelle piattaforme. Suzuki utilizza già l’ibrido della Toyota su alcuni modelli, fornendo in cambio supporto nella produzione di veicoli di piccole dimensioni. Evidente che in questo processo di integrazione la tecnologia elettrica balza in primo piano. Oggi Suzuki è presente sul nostro mercato con una gamma completamente elettrificata (e tutta dotata di cambio automatico), a partire da Ignis, Swift, S-Cross e Vitara. «Già nel 2016 – ha ricordato il presidente della filiale italiana, Massimo Nalli – lanciammo per primi la tecnologia mild-hybrid che aiutava a ridurre consumi ed emissioni migliorando le prestazioni».
L’ibrido leggero non consente mai di viaggiare a emissioni zero, però la batteria supplementare che funge anche da generatore offre un “plus” di coppia nell’avvio e quando il motore termico lo richiede.
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Il Mattino