Toro Rosso sugli scudi a Montecarlo. Kvyat e Albon tengono alta la bandiera della scuderia di Faenza

Le due Toro Rosso a Montecarlo
ROMA - Forse pochi lo sanno, ma in F.1 corre da anni un secondo team con base in Italia, precisamente a Faenza, nel cuore della Romagna. Si chiama Toro Rosso, che non è...

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ROMA - Forse pochi lo sanno, ma in F.1 corre da anni un secondo team con base in Italia, precisamente a Faenza, nel cuore della Romagna. Si chiama Toro Rosso, che non è altro che la traduzione di Red Bull, ed è lo Junior Team di quest’ultimo. Dieter Mateschitz, il gran boss della bevanda energetica più venduta nel mondo, ha creato da ormai 20 anni un programma giovani piloti affidato all’amico e connazionale (entrambi austriaci) Helmut Marko, e per dar loro modo di approdare in F.1 in una propria squadra secondaria che non sia il top team Red Bull, ha appunto creato la Toro Rosso rilevando alla fine del 2005 quella che era la Minardi.

 

Da Faenza sono passati tantissimi piloti, con alterne fortune, tra cui Sebastian Vettel (che ha regalato alla Toro Rosso l’unico successo e l’unica pole a Monza nel 2008), Daniel Ricciardo o Max Verstappen, per citare quelli che hanno avuto maggior successo. La Toro Rosso continua ad allevare giovani piloti del programma Junior e domenica scorsa a Montecarlo ha stupito tutti (una volta di più) piazzando due sue monoposto, spinte dalla power unit Honda, nella top 10. Il russo Daniil Kvyat, prima bocciato dall’implacabile Marko, poi recuperato in F.1 quest’anno, si è piazzato settimo mentre il debuttante Alexander Albon ha concluso ottavo. Un vero successo per la squadra diretta da Franz Tost che in un colpo solo ha recuperato 10 punti salendo al sesto poso nella classifica costruttori con lo stesso punteggio della Haas, e che già in qualifica aveva visto i suoi piloti entrare nella Q3, la frazione finale della sessione. Nella corsa di Montecarlo, tanto del merito di questo ottimo risultato, va alla strategia impostata dal box, che ha portato i propri piloti a ritardare il più possibile il momento in cui effettuare il pit-stop per il cambio gomme.

Bravissimo il giovane Albon che con le gomme a mescola morbida è riuscito a coprire ben 40 giri a ritmo sostenuto. «Se ci fossimo fermati ai box, potevamo rimanere bloccati dietro alle macchine più lente. La parte più difficile è stata la gestione delle gomme, perché le soft non amano essere usate così a lungo e iniziano a degradare e vibrare», ha raccontato il rookie anglo-thailandese. Per lui era il primo Gran Premio nel Principato in Formula 1, ma il feeling con il tracciato monegasco era apparso chiaro già dodici mesi fa, con la pole ottenuta in F.2. Per il compagno di squadra Kvyat è arrivato invece il miglior piazzamento al volante di una Toro Rosso: «La settima posizione a Monaco è un grande risultato», ha sottolineato il russo. «Nelle ultime settimane abbiamo lavorato duramente per capire dove fare progressi e di cosa avevo bisogno per andare più veloce. Ci siamo riusciti». Anzi, Kvyat sente di aver compiuto un salto di qualità: «Sono in splendida forma, sto guidando al massimo di quanto abbia mai fatto».


Era dal GP di Spagna del 2017 che la Toro Rosso non concludeva un Gran Premio con due monoposto nella top 10. Un segnale importante che premia anche il lavoro della Honda. Il costruttore giapponese, dopo le traversie iniziali con la McLaren, dal 2018 rifornisce il team italiano con le proprie power unit. La Toro Rosso ha fatto da “cavia” lo scorso anno per la Red Bull che nel 2019 ha lasciato i Renault proprio per la Honda. Ed ora i giapponesi hanno potuto festeggiare la trovata affidabilità e ben quattro vetture con i propri motori, tra i primi dieci a Montecarlo. Cosa mai accaduta. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino