San Giorgio a Cremano, 13enne massacrato dal branco: «Violenza senza motivo»

San Giorgio a Cremano, la donna: mi chiedo il perché di tanta cattiveria

Una zia della vittima, ripresa di spalle nel parco giochi
«Siamo sconvolti, quello che è successo a nostro figlio è qualcosa di assurdo, agghiacciante e inspiegabile: non me la sento, non ce la faccio a dire altro,...

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«Siamo sconvolti, quello che è successo a nostro figlio è qualcosa di assurdo, agghiacciante e inspiegabile: non me la sento, non ce la faccio a dire altro, scusatemi». Al citofono della palazzina residenziale di via Manzoni - a San Giorgio a Cremano - la mamma del 13enne pestato dal branco in un parco giochi proprio non ce la fa a parlare. «Nostro figlio - conclude - è tornato a casa, sta meglio, ma adesso bisogna restargli vicini, senza amplificare i clamori di quello che è successo. Abbiamo bisogno di tranquillità, adesso: comprendeteci. Qualcuno parlerà anche per nostro conto tra poco nel parco giochi dov’è successo tutto».

San Giorgio si è risvegliata sotto choc, dopo la diffusione della notizia che, di fatto, riaccende nella maniera più drammatica l’emergenza minori nell’ottica della violenza giovanile. Intorno al ragazzino finito domenica sera al Santobono con una serie di contusioni e un trauma cranico è stata innalzata una barriera protettiva, come d’altronde era giusto che fosse. 

Così non resta che spostarsi nel parco giochi di via Aldo Moro, teatro della brutale aggressione. Qui ci sono due signore, Annamaria e Daria, la prima zia della vittima e la seconda amica di famiglia. «Quando senti parlare di babygang e di simili aggressioni - esordisce Annamaria, che preferisce non essere ripresa o fotografata - pensi sempre che sono cose che capitano agli altri. Invece stavolta è successo a noi, e non riusciamo a farcene una ragione. Di fronte a tanta violenza gratuita non ci sono spiegazioni o motivazioni che tengano».

Annamaria ricostruisce anche le fasi dell’agguato al nipote. Perché di un vero e proprio agguato, pianificato in ogni minimo particolare, si è trattato. «Mio nipote aveva accettato di fare da paciere tra un suo amico e un ragazzo di Ponticelli, i quali il giorno prima avevano litigato per futili motivi. Si era presentato all’appuntamento, non lontano da casa sua, e la cosa sembrava essere finita là, conclusa nel migliore dei modi con una stretta di mano. Poco dopo mio nipote viene contattato da uno di questi ragazzi di fuori quartiere che gli chiede: “Dove sei?”. Lui, in totale buona fede, gli risponde di essere nel parco giochi: dopo qualche minuto si materializzano in venti, tutti suoi coetanei, e hanno intenzioni minacciose: i compagni di mio nipote sono fuggiti via subito, e sul posto sono rimasti soltanto lui e quattro ragazzine della comitiva». 

La furia

«A quel punto - prosegue ancora la zia del 13enne - si è scatenata la furia del branco, ma prima qualcuno gli ha anche sequestrato il cellulare. In quel momento mio nipote si è trovato da solo con le quattro amichette, e proprio la loro presenza ha avuto l’effetto miracoloso di evitare che ci fossero conseguenze ancora peggiori e più pesanti».

L’aggressione, con calci, pugni e forse anche con alcune spranghe, dura un paio di minuti. Nessuno interviene, tra le pochissime persone che a quell’ora erano presenti nel parco giochi di via Aldo Moro: perché, si sa, oggi quando ti trovi al centro di tanta violenza è meglio girarsi dall’altra parte. 

Le amichette

«C’erano altri ragazzi della loro età - conferma Annamaria - ma hanno avuto paura e non sono intervenuti. Ma non è finita qui: perché due giovanissimi del gruppo di aggressori, mentre gli altri infierivano su mio nipote, si sono spostati all’ingresso del parco per impedire a chiunque di fuggire». Un raid che richiama modalità para-camorristiche, insomma. 

«Alla fine - conclude - la presenza di quelle quattro ragazzine rimaste vicine a mio nipote si è rivelata provvidenziale. Quattro angeli: senza di loro chissà dove sarebbero arrivati gli aggressori».

Tocca a Daria, amica di famiglia del 13enne ferito. «Purtroppo quello che è successo - spiega - non si può definire un gesto isolato. Nemmeno un anno fa sempre qui, a San Giorgio, si è verificato il pestaggio di una ragazzina da parte di un branco dii ragazzi». Di qui la richiesta di maggiore attenzione nel controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine: «Anch’io ho dei figli giovanissimi e so che significa preoccuparsi, soprattutto nel fine settimana, quando escono con gli amichetti. Qui ci sono genitori che il sabato e la domenica sera si radunano per fare le “ronde” e tenere sotto controllo i nostri figli a distanza, e io sono tra quei genitori. Servono presidi fissi e itineranti di polizie a carabinieri». 

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Il Mattino