Acquedotto augusteo: esplorato un nuovo tratto tra Bagnoli e Pozzuoli | Video

Più di cento chilometri che dalle fonti del Serino in irpinia correvano lungo decine di centri abitati in tutta la Campania. Meta finale di questa lunga corsa era la...

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Più di cento chilometri che dalle fonti del Serino in irpinia correvano lungo decine di centri abitati in tutta la Campania. Meta finale di questa lunga corsa era la cosiddetta piscina Mirabilis nel territorio di Miseno, dove le acque di sorgente venivano messe a disposizione dei soldati della flotta imperiale. La più grande opera idraulica mai realizzata sino a quel momento da un impero che in quasi due millenni ha plasmato l’Europa. Questi alcuni dei numeri e delle caratteristiche dell’acquedotto augusteo, voluto nel primo decennio del I secolo a.C., dall’imperatore Ottaviano.

 
Un'opera maestosa che ancora lascia stupefatti archeologi e studiosi che da ogni parte del mondo vengono a cercarne le tracce ancora visibili. Ben poco infatti, rimane di questa antica costruzione. Gran parte di essa risulta ancora celata al di sotto dei nostri piedi e sono tante le ricerche in atto per tenare di riportarla alla luce.

Da sette anni però, le spedizioni sul territorio hanno dato qualche risultato grazie anche alla sinergia tra Parco regionale dei Campi Flegrei e Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli. Un tratto – posto in posizione elevata rispetto al suolo moderno – è stato da poco esplorato.


“Questo tratto è veramente importante - spiega lo speleologo Graziano Ferrari - soprattutto perché ci consente di ricostruire il suo percorso in una delle aree a noi meno nota. Siamo in località La Pietra a Pozzuoli e proprio qui, ai confini con il quartiere di Bagnoli, il percorso seguito dall’acquedotto ci era del tutto sconosciuto”. Gli esperti adesso, cercano di ricollegare i vari tratti rinvenuti nel corso di questi ultimi anni, ma non sembra essere cosa facile. “Non è semplice rimettere insieme i pezzi” continua Ferrari. “Grazie al supporto dei miei colleghi stiamo facendo un buon lavoro ma c’è ancora tanto da fare. Ultimamente abbiamo anche rinvenuto un nuovo segno di cava inciso su una parete che la nostra Raffaella Lamagna sta cercando di ricopiare su carta, per poi poterla studiare più attentamente e con la collaborazione di docenti e linguisti. Speriamo di poter proseguire le nostre ricerche, all’interno di una delle opere più imponenti e complesse del mondo romano”. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino