Addio a Mario Caruso giornalista gentiluomo

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Se ne è andato un altro pezzo del Mattino di una volta. Si è spento, a 81 anni, Mario Caruso, un tuttofare del giornalismo, soprattutto «l'uomo della medicina». Negli anni Ottanta, direttore Franco Angrisani, aveva creato la pagina dedicata alla sanità, tra le prime in Italia. La curò con passione, si addottorò. Noi colleghi, se avevamo un raffreddore o un mal di testa, a lui chiedevamo consiglio. Di converso fu molto apprezzato dagli stessi professionisti dello stetoscopio e del bisturi. Sapeva abbinare il rigore alla facile comprensibilità di titoli e articoli, faceva parte di quella generazione cui era possibile avere un solo padrone: il lettore. Il tragitto era stato lungo. Come tanti Mario aveva cominciato dallo sport, dai «ragazzi di Gino Palumbo».


Attraversò altre esperienze, dalla Cronaca alle Province, specialmente nella «cucina» del quotidiano, ossia disegnare il menabò (infelice neologismo nordista equivalente a «menare i buoi», per indicare lo schema grafico) correggere i pezzi, portarli alla misura giusta e fare i titoli. Si faceva volere bene. Serietà e forte senso dell'umorismo. Giacomo Ghirardo, un profeta del centrosinistra, aveva assunto Alfredo Azzaroni, un rivoluzionario, per attaccare il Pci da sinistra. Mario si inventò che il direttore aveva un bagno con i rubinetti d'oro e Azzaroni inscenò una solitaria marcia di protesta nei corridoi, «Abbasso il cesso del direttore, lotta dura senza paura». Mario cominciò a fargli il saluto romano. Per evitare scontri, dicemmo ad Azzaroni che avveniva per un tic. Alfredo abbracciò il rivale, che replicò: «Il tic l'ho preso da figlio della Lupa». Il grande amico di Mario fu Giacomo Lombardi, un altro della nostra Spoon River. Buon viaggio, amico mio.
 
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Il Mattino