Cybersecurity, sgominata banda ad Afragola: ottenevano dati anagrafici con finte mail dei carabinieri

Alcuni degli indagati risiedono ad Afragola

L'operazione
Sono otto le persone denunciate dal centro operativo per la Sicurezza cibernetica dell’Emilia Romagna, tutti pregiudicati di origini partenopee residenti nella zona di...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Sono otto le persone denunciate dal centro operativo per la Sicurezza cibernetica dell’Emilia Romagna, tutti pregiudicati di origini partenopee residenti nella zona di Castelfranco Emilia, nel Modenese, e Afragola, nel Napoletano: il gruppo criminale è ritenuto responsabile di aver ottenuto i dati anagrafici di numerosi cittadini residenti nel territorio nazionale, simulando di essere appartenenti a uffici investigativi dell’Arma dei carabinieri di Parma e Torino.

Dopo aver acquisito i dati dei documenti di identità, grazie all’invio di email falsificate, venivano avviate le richieste di finanziamento dirette a società italiane del settore. Il denaro ottenuto confluiva su conti correnti aperti nel Regno Unito, per poi tornare in Italia su rapporti finanziari riferibili al gruppo criminale.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Bologna e dal servizio Polizia Postale sono iniziate nel 2020, quando l’ufficio di Stato Civile del Comune di Bologna segnalava a questo reparto alcune e-mail sospette apparentemente provenienti dai comandi dell’Arma di Parma e Torino.

Gli investigatori, dopo un lungo lavoro di analisi dei dati informatici relativi alle connessioni avvenute nei server che ospitavano le caselle di posta elettronica, sono stati in grado di individuare le utenze telefoniche reali dei cyber criminali nonostante fossero intestate a prestanome.

La collaborazione con gli istituti finanziari del Regno Unito, infine, ha permesso di analizzare i flussi di denaro canalizzati verso rapporti riferibili agli indagati.

Gli esiti delle perquisizioni domiciliari, già effettuate e dirette agli appartenenti al sodalizio criminale, hanno fornito importanti fonti di prova. 

Leggi l'articolo completo su
Il Mattino