«Su Fb denuncio le violenze, così aiuto i miei amici medici»

Manuel Ruggiero racconta l'avventura di Nessuno tocchi Ippocrate

Manuel Ruggiero
"Nessuno tocchi Ippocrate" ormai è un punto di riferimento. È nata come pagina facebook sulla quale "postare" denunce, proteste e vicende di mala...

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"Nessuno tocchi Ippocrate" ormai è un punto di riferimento. È nata come pagina facebook sulla quale "postare" denunce, proteste e vicende di mala (e anche buona) sanità, e in circa sei anni si è trasformata in un osservatorio privilegiato sul mondo dell'emergenza. E soprattutto sulle botte, gli insulti e le violenze che i medici, e più in generale il personale sanitario, è costretto a subire senza difesa. L'anima e il motore di un'associazione no profit il cui slogan è "nessuno si permetta di aggredire la mano che lo cura" si chiama

Manuel Ruggiero, medico del 118, promotore tra l'altro di numerose battaglie a tutela di quella che, dati alla mano, è diventata una categoria ad alto rischio. Come è nata l'idea di creare l'associazione?
«Era il 2017, mese di giugno. Lavoravo presso la centrale operativa del Cardarelli, miracolosamente riuscii a dare rifugio a un equipaggio del 118 inseguito da una banda di energumeni. Per poco non li ammazzavano. In quel momento mi resi conto che bisognava fare qualcosa».

Così pensò a Facebook.
«I social sono uno strumento di comunicazione straordinario se utilizzati come si deve. In ogni caso in meno di 24 ore raccolsi cinquecento adesioni, mi bastarono per capire che avevo visto giusto».

Primo obiettivo.
«Convincere i colleghi a denunciare. Hanno tutti una gran paura: il settanta per cento di chi subisce aggressioni sceglie di non dire nulla. Perdo ore a spiegare che la denuncia alle forze dell'ordine è una delle poche armi a nostra disposizione. Se non la usiamo questa battaglia è persa in partenza».

Paura di altre botte?
«Vagli a dare torto. Temono ritorsioni e vendette. "Nessuno tocchi Ippocrate" è nata anche per dare voce a chi non sempre vuole farlo in prima persona».

Con quale frequenza riceve le segnalazioni?
«Mediamente ne arriva una ogni tre giorni tra Napoli e provincia. Quotidianamente invece ricevo denunce di disservizi in ambito sanitario e su queste mi preoccupo di fare da filtro cercando di offrire le giuste indicazioni».

C'è qualche caso che ricorda in modo particolare?
«Almeno un paio. Il primo è terribile, se non me lo avesse raccontato il protagonista della vicenda forse non ci avrei creduto. Una banda di parenti evidentemente poco soddisfatta delle cure prestate al congiunto, pensò bene di appendere un infermiere a penzoloni alla ringhiera del balcone».

E poi?
«Per fortuna tra quegli stessi parenti ce n'era uno un po' più lucido degli altri, mise in salvo l'infermiere spiegando ai familiari che se fosse caduto giù sarebbe stato peggio per tutti».

Il secondo episodio?
«Una pistola puntata dritto in faccia a una dottoressa dal marito di una donna alla quale l'equipaggio del 118 stava prestando soccorso. La collega è stata davvero molto brava a gestire una situazione pericolosissima, a me sarebbe venuto un infarto».

Dagli ultimi dati emerge che le donne vengono aggredite più spesso degli uomini.
«E certo. Più sono grossi e violenti e più sono vigliacchi. È molto meno faticoso attaccare, fosse pure a parole, una donna: fisicamente non potrà mai competere con un esagitato come quelli che distruggono i reparti solo perché gli è stato detto di aspettare il proprio turno. Bande di codardi ma attenzione, non crediate che siano solo teppisti e camorristi».

Chi altro?
«Persone apparentemente normali. Abbiamo subito violenze da gente che non lo avresti mai detto. La verità è che siamo diventati un bersaglio troppo facile».

È mai stato aggredito?
«Ben due volte. La prima mi hanno preso a calci e pugni con una tale velocità che non ho manco avuto il tempo di provare a difendermi, ammesso che fosse stato possibile. La seconda sono finito in mezzo perché ci fu un cambio di ambulanze e fui aggredito al posto dei colleghi nel mirino dei violenti».

Che cosa scatena la furia contro i medici?
«Le ragioni sono diverse. Su tutte i tempi di attesa. Per chi ci aspetta arriviamo sempre tardi ma così non è. Siamo i primi a volere - e dovere - fare presto: per un codice rosso in ambito urbano abbiamo a disposizione non più di otto minuti per raggiungere la destinazione altrimenti il rischio è pure nostro».

Quali risultati ha portato a casa "Nessuno tocchi Ippocrate"?


«Le telecamere su tutte le ambulanze della Napoli uno, e speriamo presto anche sulle altre, e poi i drappelli. In maniera provocatoria avevo chiesto l'esercito, la risposta è stata la polizia, sono soddisfatto ma non può bastare: le aggressioni purtroppo sono in aumento». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino