Una «mamma a tempo pieno», si definisce Elda Di Stefano, 46 anni, tre figli e una giornata che dovrebbe durare dieci ore in più per tutto quello che ha da fare...
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Che cosa vuol dire una mamma che fa la mamma?
«Non esco tutte le sere, non passo la giornata tra parrucchiere, palestra e manicure, non vado in giro per aperitivi e non tiro cocaina. Ecco che cosa vuol dire una mamma che fa la mamma. Di conseguenza questo è il messaggio che trasmetto ai miei tre figli».
Sta dicendo che se i ragazzi bevono, si drogano e non riescono a divertirsi diversamente è colpa delle mamme che vivono nel modo in cui ha appena descritto?
«Non voglio dare colpe a nessuno, sia ben chiaro, e nemmeno voglio permettermi di giudicare la vita degli altri, però credo che la generazione dei cinquantenni di oggi abbia un bel po' di problemi da risolvere. Quello che accade ai figli è lo specchio del loro disagio».
Di quale disagio parla?
«Di quello che vive chi alla nostra età invece di pensare ai figli che non vanno persi di vista un attimo, si fa l'amante, la motocicletta, il giubbotto alla moda, beve, fuma e tira: vogliono fare i ragazzini, e perdono di vista ruolo e responsabilità».
Il riferimento è ai padri, però.
«Le madri non sono da meno. Soprattutto in un certo ambiente che poi è anche il mio. Botox, smalto, capelli, palestra, shopping, chiacchiere e pettegolezzi. Quest'è. I figli? Fanno quello che vogliono, nessuno li controlla e in più li riempiono anche di soldi perché così secondo loro stanno apposto con la coscienza».
Lei invece come si comporta con i suoi figli?
«Uno dei tre è autistico. Potrà sembrarvi assurdo quello che dico ma è stata una gran fortuna averlo perché mi ha messo a contatto con una realtà completamente diversa, che mai avrei conosciuto, fatta di ospedali, sofferenza e terapie, ma anche di tanto amore, voglia di vivere e senso di responsabilità. Tutto questo mi ha portata a vivere con serietà e rigore il mio ruolo di mamma senza sbavature e distrazioni. Si dirà che è stata una questione di fortuna, può essere, ma i miei figli non bevono e non si drogano. Lo stesso vale anche per i loro amici».
Parlava di modelli che questi ragazzi non trovano più nei genitori.
«Mio figlio, nonostante la sua patologia che lo rende inevitabilmente diverso dai suoi coetanei, è sempre alla ricerca del padre, immaginate per crescere bene quale e quanto bisogno di giusti modelli e riferimenti sani abbiano i ragazzini normali che ogni giorno, più del mio, devono fare i conti con una realtà pericolosa e piena di trappole».
Invece che cosa offre la famiglia?
«Un altro genere di valori».
Quali?
«Soldi, bellezza, divertimento e voglia di rimanere giovani a tutti i costi. Devi essere sano, figo e ricco se vuoi rappresentare qualcosa. Poi non prendiamocela con i ragazzi se vanno alla deriva e succedono tragedie come quelle alle quali assistiamo sempre più frequentemente».
Parla della morte di Nico Marra?
«Se ai nostri figli insegnassimo il valore della solidarietà nei confronti di chi si trova in difficoltà, dell'amore e dell'amicizia vera, quel ragazzo forse oggi sarebbe ancora vivo».
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Il Mattino