Emanuele Palumbo, in arte Geolier - che in francese vuol dire secondino, carceriere - è il vero e proprio mito degli adolescenti napoletani. Le sue canzoni, urlate in...
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Fumm na cim e aropp parl stran oppure Chesta sera bev tropp mentr pens a diman. Due strofe di due canzoni scritte da te che i ragazzini cantano a memoria. Non pensi che possano rappresentare un modello sbagliato?
«Non bevo e non mi drogo: canto quello che vedo. L'unico modo per entrare davvero in sintonia con i giovani».
Per molti sei un vero e proprio idolo.
«Lo so. È per questo che voglio dire come la penso. No alla droga innanzitutto, e poi si può bere anche qualcosa, ma sempre con moderazione».
Invece in molti esagerano e a Napoli cresce il numero di minori che, soprattutto nelle sere del fine settimana, finisce in coma etilico.
«Facciamoci qualche domanda, però».
Quale?
«Chi vende alcol ai minorenni se è vietato dalla legge? Quando avevo quattordici anni ci davano solo Coca Cola e al massimo una Red Bull. Oggi è cambiato tutto. Lo vedo quando faccio i dj set nei locali».
Che cosa è cambiato?
«Bevono senza alcun problema. È chiaro che se possono comprare liberamente drink e champagne non si tirano indietro. Fa figo con una ragazza fare vedere che prendi una bottiglia: il problema è che poi te la bevi e stai male».
Ess m uard che lent Dior. Cint e l'Hermes ca m par n'omm. Spenn sti sord e dic ca è o success. Nella canzone P Secondigliano c'è anche una grande esibizione di griffe, come se fossero necessarie per farsi notare.
«È vero, cito mille marche, ma nel video non ne indosso nemmeno una autentica».
E allora perché questo inno a tutto ciò che è lusso?
«Il rap è voce di rivalsa, il sogno di farcela, di diventare ricchi, di uscire dal ghetto».
Tu ce l'hai fatta.
«Ho dimostrato che si può nascere a Secondigliano e non fare lo spacciatore, che la musica è un'alternativa alla strada. Chi vuole imitarmi deve sapere anche queste cose e, soprattutto, che non bevo e non mi drogo».
Come ti diverti?
«Un periodo ai baretti ci andavo pure io, ora non più. Le mie serate le passo con gli amici, con la mia ragazza. Anche quando scrivo le canzoni e faccio musica mi diverto. Non capisco perché questi ragazzi si devono per forza rovinare di alcol altrimenti si annoiano».
Come hai cominciato a fare musica rap?
«Ero piccolissimo. Nel quartiere facevamo rap e hip hop, si formò un bel gruppo del quale facevo parte. La mia era una vera passione, mi rendevo conto di essere molto bravo benché nessuno mi avesse mai insegnato niente. Poi, purtroppo fui costretto a smettere».
Perché?
«La scuola non era cosa mia, dovevo andare a lavorare. Così fui costretto ad abbandonare la musica per un po'. Per caso, con un amico, a tempo perso, facemmo un pezzo, era P Secondigliano, lo mandammo in giro solo via whatsapp. Non ce lo saremmo mai aspettato: fu un trionfo. Vedevo le persone che lo ascoltavano, e ballavano, davanti a me senza sapere che Geolier ero io». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino