Aldo Masullo, un anno senza il grande filosofo. Mazzarella: «Napoli lo ha dimenticato»

Aldo Masullo, un anno senza il grande filosofo. Mazzarella: «Napoli lo ha dimenticato»
Il 24 aprile dell'anno scorso ci lasciava a 98 anni Aldo Masullo. Filosofo, politico, docente universitario, sempre pronto a indagare e mettere in evidenza i mali della...

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Il 24 aprile dell'anno scorso ci lasciava a 98 anni Aldo Masullo. Filosofo, politico, docente universitario, sempre pronto a indagare e mettere in evidenza i mali della città, Masullo era nato ad Avellino il 12 aprile 1923 e a 17 anni aveva iniziato a studiare a Napoli, dove ha insegnato per una vita Filosofia morale alla Federico II. Napoli, che l'aveva voluto cittadino onorario e gli ha intitolato il largo davanti le scale di piazza Fuga sembra averlo dimenticato. Ma non i napoletani. Come ricorda Eugenio Mazzarella ordinario di Filosofia teoretica alla Federico II: «A Napoli si avverte la mancanza della voce di una personalità intellettuale che è anche riuscita a proporsi come personalità morale.

È stato un punto di riferimento per tutti quelli che hanno provato a cambiare la città, è stato un grande maestro che ha esercitato un magistero di apertura a idee e filosofie europee. Grazie a lui, che aveva studiato a lungo in Germania, la città si è sprovincializzata. Uno dei suoi argomenti di riflessione più importanti, la comunità, è ricca di suggestioni ancora oggi inesplorate, anche per chi voglia limitarsi all'osservazione e all'analisi del presente e del futuro di Napoli». 

Come si può legare la comunità di Masullo alla Napoli di questi tempi?
«La dimensione comunitaria al Sud, a Napoli, è più forte che altrove. La difficoltà è nella capacità della comunità di trasferirsi in una società ordinata. È questo che manca, partendo dalla teoria di Masullo, alla comunità napoletana. C'è un eccesso di disordinato vitalismo, cavalcato a fini propri. Nessuno riesce a sfruttarne il potenziale sociale, siamo rimasti fermi a una tribù contro l'altra».

La città avrebbe dovuto fare di più per lui a un anno dalla morte?
«Napoli ha difficoltà a riconoscere la memoria di personalità importanti che non sono usa e getta, ha facilità di celebrazione per chi si ammanta di un'aura popolare, per chi assurge al ruolo di star. La mancanza di attenzione riservata a Masullo è la stessa che è stata riservata a un altro grande maestro come lo storico Giuseppe Galasso scomparso nel febbraio del 2018. Eppure, le opere e il pensiero di entrambi non sono legati all'immediatezza, sono certo che le loro eredità intellettuali saranno sempre attuali, prima o poi riaffiorano».

Masullo, però, era popolare.
«È vero, ma la sua era una popolarità profonda, non superficiale come di solito succede. Non è stata figlia di una moda, né legata a un successo ben preciso. Masullo è stato un filosofo pop in quanto, a differenza delle star usa e getta, riusciva a entrare in sintonia con l'uditorio, che fosse composto da giovani studenti o da adulti presenti a una delle tante sue partecipazioni alla presentazione di un libro, a un convegno organizzato da qualche associazione, a un dibattito. Soprattutto negli ultimi anni, quando entrava lui c'era un'ovazione, la gente si alzava in piedi e applaudiva. Il suo rapporto con il pubblico era molto empatico».

Perché?
«Non solo perché ha avuto la fortuna di vivere una vita lunga e lucida fino alla fine, ma perché incarnava lo spirito equilibrato, riflessivo, pronto a misurarsi con chiunque. È riuscito a interpretare un certo bisogno della città di voci più alte in grado di elevarsi dal guazzabuglio quotidiano. Insomma era fascinoso».

Che cosa ha insegnato di più ai napoletani?
«Nel collasso di tante istanze, ha offerto un grande contributo a una pedagogia civile rivolta a vari livelli generazionali, tanto ai ragazzi che alla borghesia intellettuale cittadina spesso troppo distratta dal proprio interesse e poco attenta al bene comune».

Un suo ricordo personale?
«Erano i primi anni Settanta, era deputato indipendente per il partito Comunista alla sua prima esperienza e continuava anche nel suo impegno scientifico. A Napoli, andammo a prendere la sua macchina nuova e la trovò danneggiata, con i finestrini rotti e la borsa, lasciata sul sedile posteriore, rubata. Neanche un pensiero per l'auto, la sua angoscia era di aver perduto un suo articolo su Hegel, unica copia manoscritta».

Un rimpianto?


«Non essere riuscito, insieme a Tino Santangelo, a convincerlo a candidarsi sindaco di Napoli nei primi anni Novanta. Ma il suo impegno civile non è mai venuto meno». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino