Nell’ultimo mese Napoli ha smesso di respirare. La concentrazione di Pm10 nell’aria è salita a livelli fuori norma e il Comune ha varato immediatamente la...
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Del resto basta guardare gli sbuffi neri degli antichi autobus a gasolio che circolano liberamente per la città, per rendersi conto che fermare solo le auto vecchiotte non ha molto senso. Del resto il provvedimento, che va avanti da anni, ormai, non è che abbia fornito risultati eccezionali in passato. Pensate che nel solo mese di dicembre dello scorso anno, con il provvedimento già abbondantemente in vigore, gli sforamenti registrati dalle centraline Arpac furono esattamente 114 con superamenti dei limiti di pm10 anche quattro volte superiori alla norma. Insomma, di fronte a un nuovo allarme smog si reagisce con l’arma meno incisiva che ci sia.
Ma bisogna, comunque, dimostrare di aver preso provvedimenti: anche perché il passato insegna che un’amministrazione inerte davanti all’allarme lanciato dalle centraline Arpac, rischia di dover rispondere alla giustizia. Una piccola ordinanza, invece, può dimostrare che c’è stata reazione di fronte al pericolo inquinamento. Ma quanto è immanente il pericolo? Molto, decisamente, molto.
Basti pensare che solo nell’ultimo mese (dall’8 novembre all’8 dicembre, ultima rilevazione disponibile da parte dell’Arpac) sono stati registrati diciassette giorni di aria avvelenata in città, con il record assoluto detenuto da via Argine dove, storicamente, la concentrazione di pm10 è la più alta della città. Il provvedimento di limitazione al traffico anche al martedì è scaturita quando l’Arpac ha segnalato il 35 giorno di sforamento, nel corso dell’anno, di polveri sottili in una centralina (che è appunto quella di via Argine). Il problema, però, è che nel corso del 2016 molte centraline di rilevamento sono rimaste spente lungamente, sicché non è possibile sapere quando i picchi di inquinamento sono stati realmente superati.
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Il Mattino