«Alunni autistici, la scuola non può fare l'impossibile»

«Alunni autistici, la scuola non può fare l'impossibile»
«La scuola è quella struttura che nella comunità fa istruzione: noi siamo attrezzati per fare quello, per le tante situazioni di disagio abbiamo a disposizione...

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«La scuola è quella struttura che nella comunità fa istruzione: noi siamo attrezzati per fare quello, per le tante situazioni di disagio abbiamo a disposizione personale formato, ovvero con specializzazione per il sostegno, e con questo personale ci muoviamo». Gaetano Gallinari è il preside dell'Istituto Comprensivo 5° Karol Wojtyla di Castellammare di Stabia, dove giovedì 30 settembre un alunno 14enne si è denudato e ha fatto i suoi bisogni in palestra. Secondo la famiglia, Francesco è stato lasciato solo. I docenti invece assicurano di non averlo mai perso di vista e che è stato impossibile contenerlo. Una vicenda all'attenzione della Procura di Torre Annunziata dove è arrivata la denuncia presentata dai genitori di Francesco. Il preside Gallinari, nel complesso delle cinque sedi dell'Istituto comprensivo che dirige, gestisce 45 alunni con disabilità motoria o intellettiva.

Se Francesco tornerà nella sua scuola da chi sarà accolto?
«Ha due insegnanti di sostegno con il massimo delle ore (27 in totale) e un assistente socio sanitario, che avevamo richiesto alla cooperativa che lavora con il Comune già il 15 settembre. La burocrazia ha deciso che questa terza figura dovesse iniziare solo lunedì scorso. Nell'ambito di queste ore il ragazzo fa lezione, nei limiti in cui questo è possibile, in uno spazio autonomo. Più di questo non possiamo offrire».

Dopo quello che è successo, ritiene adatti gli insegnanti ad affrontare il suo caso?
«Per me la loro professionalità è attestata dalla specializzazione e dai titoli. Certo è che in alcuni casi l'insegnante di sostegno non ce la fa. Ma non posso prendermela con nessuno».

La scuola potrebbe avere maggiore supporto?
«Io non posso chiedere più di quanto ho già ottenuto, 27 ore più 15 che arrivano dalla collaborazione del Comune. Ho tutto quanto deciso nel Gruppo di lavoro per l'inclusione che si fa all'inizio dell'anno scolastico assieme ai docenti e ai soggetti coinvolti nella gestione dei ragazzi con disabilità. In quella programmazione abbiamo valutato le necessità e in base a quelle posso dire che non manca nulla».

Eppure Francesco è arrivato a denudarsi e defecare all'interno della scuola.
«Nel caso specifico, per gli insegnanti - e io stesso assisto ai loro tentativi - l'alunno diventa ingestibile: è impossibile impedirgli certe azioni, si allontana in maniera brusca e due anni fa, durante i primi mesi di frequenza, gli insegnanti più volte sono tornati a casa con ferite alla mano. Lo scorso anno viste le restrizioni per la pandemia convenimmo con l'Asl che non era il caso che frequentasse».

Quest'anno di isolamento può aver aggravato la sua situazione?
«Non ho gli strumenti per dirlo, certo è che la famiglia mi ha raccontato che purtroppo ci sono stati episodi violenti anche tra le mura domestiche e che dopo una terapia decisa a Roma ora era più calmo. Una differenza che invece noi non abbiamo notato».

Aveva già affrontato casi simili?
«Avevamo un ragazzo che aveva difficoltà a gestire la pubertà, i genitori si resero conto che la scuola non era più il luogo idoneo per lui e decisero di metterlo in convitto. Non mi permetto di esprimere pareri su tali scelte».

Siete lasciati soli?
«Soli da chi? No, non posso dirlo, non lo siamo perché sono consapevole che oltre quanto già facciamo non possiamo dare. La scuola fa alcune cose, la riabilitazione altre ma anche in un contesto riabilitativo, dove Francesco si dirige dopo scuola, faccio fatica a capire come avvenga la gestione e l'interazione».

Sembra piuttosto scoraggiato.
«Più che altro consapevole dei mezzi a disposizione. I docenti provano ad arginare il disagio di Francesco tentando anche una forma empatica che non scatta, lui tende a muoversi e rompere le cose a portata di mano».

Cosa aiuterebbe allora?
«Non so rispondere, faccio fatica a immaginare la gestione di ragazzi così problematici e capisco che le famiglie siano gravate molto di più che noi insegnanti. Mi rendo conto del peso quotidiano che affrontano ma non devono prendersela con noi perché diamo il massimo per quanto ci compete ed è nelle nostre conoscenze».

Aspetta il ritorno di Francesco?
«Certo. La scuola è pronta ad accoglierlo come sempre. E mi lasci dire un'altra cosa..»

Prego.


«Il nostro alunno ha un'aula solo per lui, è tra le più grandi che abbiamo a disposizione. Lì non è mai solo: sarebbe un pericolo per lui e per gli altri studenti». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino