Anziana morta dopo l'intervento, l'Asl difende l'ospedale di Pozzuoli

Anziana morta dopo l'intervento, l'Asl difende l'ospedale di Pozzuoli
Per i familiari, Immacolata Agorino, 83enne napoletana, è morta a causa di un'assistenza ospedaliera post operatoria non adeguata, come denunciato ai carabinieri. Ma...

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Per i familiari, Immacolata Agorino, 83enne napoletana, è morta a causa di un'assistenza ospedaliera post operatoria non adeguata, come denunciato ai carabinieri. Ma sull'episodio, avvenuto all'ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli, a fine giugno scorso, è intervenuta la direzione generale dell'Asl Napoli 2 chiarendo la posizione dell'azienda. 


In seguito alla denuncia formalizzata il 12 luglio 2019, infatti, è avvenuto il sequestro delle cartelle cliniche come impone la prassi in questi casi e, fino ad oggi, non è stato emesso alcun provvedimento a carico del personale o della struttura ospedaliera. «La signora è stata operata in urgenza lo scorso 21 maggio per un delicato intervento, in quanto era in atto un blocco intestinale - spiega il direttore generale dell'Asl Napoli 2, Antonio D'Amore - la paziente era stata dimessa dall’ospedale San Paolo di Napoli solo quattro giorni prima del suo primo accesso al Santa Maria delle Grazie e la patologia sofferta ha costretto i chirurghi ad effettuare una stomia in un tratto alto dell’intestino, ovvero un’apertura intestinale direttamente all’esterno, mediante il posizionamento di una “borsetta” ma tale soluzione chirurgica, in alcuni casi e per alcuni pazienti particolarmente deboli come la signora, può determinare problemi di infezioni post-operatorie».

Nella denuncia i parenti dell'anziana puntano il dito sull'infezione che secondo loro avrebbe causato la setticemia e la morte della paziente perché non curata correttamente. Invece, nel documento della direzione dell'Asl competente si legge che «tale eventualità sembrerebbe essersi verificata in questo caso, in quanto la paziente è stata riaccompagnata in pronto soccorso pochi giorni dopo le dimissioni per problematiche connesse alla ferita, nonostante le cure prestate nel reparto di Medicina del Santa Maria delle Grazie – in quanto la Chirurgia non aveva posti letto a disposizione – date le precarie condizioni della paziente, medici e infermieri non sono riusciti a far fronte alle conseguenze dell’intervento».

Secondo d’Amore «per valutare un caso come questo è fondamentale avere il lucido distacco per distinguere eventuali mancanze assistenziali dai naturali pericoli connessi alle terapie mediche e chirurgiche: esiste sempre un rischio connesso ad una pratica medico-chirurgica, dobbiamo accettarlo e considerarlo. Viceversa, potremmo finire col dissuadere i medici ad intervenire per tentare interventi salvavita in condizioni delicate».


«L'ospedale Santa Maria delle Grazie è cresciuto in modo enorme per numero e complessità dei casi trattati, ciò implica che spesso si venga chiamati ad intervenire su pazienti con quadri clinici complessi - conclude la nota - Come medici siamo chiamati ad intervenire, ma non possiamo essere accusati di malasanità quando i miracoli non riescono» Leggi l'articolo completo su
Il Mattino