Arco borbonico, il primo allarme nel 2018: così sono stati persi due anni

La storia recente dell'agonia dell'arco borbonico inizia nel 2018 quando Giuseppe Farace, fotografo e consigliere del Museo del Mare, dopo una mareggiata di novembre si...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

La storia recente dell'agonia dell'arco borbonico inizia nel 2018 quando Giuseppe Farace, fotografo e consigliere del Museo del Mare, dopo una mareggiata di novembre si affacciò al lungomare e si accorse che una delle basi dell'arco era stata pericolosamente spostata dai marosi: l'intera struttura si reggeva su uno spicchio di pietra di pochi centimetri, il rischio crollo era imminente.

La conclusione della storia la conoscete tutti: sabato sera quell'antica struttura è definitivamente crollata.

Tra l'inizio e la fine di questo racconto ci sono due lunghi anni di disinteresse, indifferenza, ignavia da parte di chi sarebbe dovuto intervenire, o almeno segnalare con vigore il pericolo, e invece se n'è rimasto fermo a guardare.

Subito dopo aver notato il grave danno generato dai marosi nell'autunno del 2018, Farace chiamò i vigili del fuoco i quali concordarono sull'imminente pericolo e segnalarono la questione a tutti gli organi competenti. Il Comune piazzò una barriera di protezione sul lungomare, l'Autorità Portuale che ha in carico la gestione di quella struttura rimase immobile, la Soprintendenza che si sarebbe dovuta occupare della tutela di quelle pietre antiche non pretese interventi immediati.

Così la questione restò nell'ambito della società civile che osservò, s'indignò, lanciò allarmi, provò a gridare la sua rabbia. Ma nessuno ascoltò quella richiesta di soccorso urgente che veniva lanciata con metodo e costanza. Qualche mese dopo proprio il Mueso del Mare organizzò una conferenza che si concluse con una nuova richiesta d'intervento, anche questa caduta nel vuoto.

Trascorre quasi un anno, nel settembre del 2019 la questione si ripresenta perché c'è ancora grande attenzione da parte delle associazioni e dei media. Resta il grande dubbio sulla responsabilità per quella struttura: chi deve intervenire, il Comune, la Città Metropolitana, la Soprintendenza? Solo in seguito si appurerà con certezza che la vicenda è tutta in capo all'Autorità Portuale; nel frattempo il Comune e la Città Metropolitana si rimpallano le decisioni e, soprattutto, il reperimento dei fondi necessari al salvataggio dell'arco borbonico.

L'allora delegata al mare Daniela Villani (in seguito defenestrata dal sindaco de Magistris) presentò una relazione con la segnalazione di tutti i punti dolenti delle coste napoletane, in primis la questione dell'arco borbonico. All'orizzonte si profilava la possibilità di accedere a un finanziamento di nove milioni di Città Metropolitana, sembrava che la questione fosse a una svolta. Invece la svolta non era ancora quella giusta, sarebbe arrivata qualche mese dopo, quando finalmente maturò la certezza che se ne sarebbe dovuta occupare l'Autorità Portuale.

Proprio in quei giorni del settembre 2019, in cui si riaprì la questione dell'arco borbonico, il soprintendente La Rocca, approdato a Napoli da qualche giorno, promise in una dichiarazione al nostro giornale «valuterò la situazione del molo borbonico appena possibile, dopo averne parlato anche con i funzionari».

Nel frattempo il tempo passa. Bisogna arrivare al giugno del 2020 per sentire nuove parole di conforto per il futuro dell'arco borbonico. Scende in campo ufficialmente l'Autorità Portuale che comprende di dover fare qualcosa e predispone un vertice con la Soprintendenza per stabilire le modalità di intervento per un futuro progetto di ristrutturazione di quella porzioncina di Napoli antica che sta per crollare.

Le cose, sapete com'è in questi casi, vanno un po' per le lunghe. Bisogna parlare, stabilire, meditare, pensare, sicché i giorni passano e si trascinano dietro l'intera estate, nel frattempo un primo intervento, però, è stato già attuato: l'arco in bilico viene sostenuto e puntellato con una gabbia di tubi Innocenti che, nelle previsioni dei tecnici, dovrebbero riuscire a sostenerlo finché i lavori di ristrutturazione non saranno realizzati.

Dopo l'estate del 2020 arriva incalzante l'autunno che offre solo altri incontri e un fitto scambio di documentazione su tempi e modi degli eventuali interventi di recupero della struttura. Poi si presenta l'inverno e arrivano le mareggiate, compresa quella violenta e imprevedibile di fine dicembre che ha devastato il lungomare.

Quella notte di sette giorni fa, dopo aver visto quel che era successo ai muretti del lungomare, l'Autorità Portuale si mise immediatamente in movimento per scoprire qual era stata la sorte dell'arco borbonico preso a schiaffi da quelle stesse violentissime ondate che avevano devastato la città qualche metro più avanti.

La mattina del 29 dicembre una missione di tecnici dell'Autorità Portuale si recò sul posto e consegnò un bollettino rassicurante: la struttura ha retto e anche i pali di sostegno sono al loro posto. L'arco borbonico s'è salvato. 

Però, dopo quel che era successo, sarebbe stato necessario verificare la reale tenuta delle strutture di sostegno, sarebbe stato opportuno prevedere un rinforzo delle protezioni. Già, sarebbe stato necessario, ma nessuno ci ha pensato. Il giubilo per lo scampato pericolo del crollo durante la mareggiata violenta ha cancellato ogni altra preoccupazione, compresa quella di possibili successive tempeste sulla città.

Del resto, l'Autorità Portuale ha a che fare proprio con mare e venti, sarebbe stato facile chiedere un po' di previsioni meteo e scoprire se il mare avrebbe potuto dare ancora fastidio all'arco borbonico.

Invece tutto è rimasto fermo. Anzi no, perché siccome la preoccupazione era stata tanta, si è messa in moto, nell'imminenza del capodanno 2021, una sostanziosa macchina organizzativa che ha visto in primo piano l'Autorità Portuale e, sullo sfondo, la Soprintendenza: gli uffici si sono parlati lungamente sulla questione e sulle mosse da fare con immediatezza per non perdere l'arco borbonico del lungomare. La decisione è stata tenace e condivisa: riparliamone dopo le feste, proviamo a sentirci dopo il 6 gennaio e prenderemo una decisione.

Nel frattempo la decisione, definitiva, l'ha presa il mare che ha continuato a schiaffeggiare quella struttura fragile fino a farla crollare nel primo sabato sera del 2021.

Anche in questo caso, subito si sono mossi i tecnici dell'Autorità Portuale: nessun problema, recuperiamo le pietre crollate e ricostruiamo tutto. Fino ad ora, però, quegli antichi blocchi di pietra lavica nessuno è andato a recuperarli.

Vabbè, ma tanto restano lì, se ne può riparlare dopo il 6 gennaio, mica vorremo rovinare anche i giorni dell'Epifania?

Leggi l'articolo completo su
Il Mattino