Autismo, sos da Napoli: «Aiutate il nostro Simone, può far male a sé e a noi»

Autismo, sos da Napoli: «Aiutate il nostro Simone, può far male a sé e a noi»
«Aiutateci, non possiamo più andare avanti così». È un grido disperato quello di Antonietta Liccardo, 52 anni, madre di Simone, 19enne autistico....

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«Aiutateci, non possiamo più andare avanti così». È un grido disperato quello di Antonietta Liccardo, 52 anni, madre di Simone, 19enne autistico. Una vita segnata dalla sofferenza e dalla solitudine, quella del ragazzo che ha una sorella gemella e un fratello maggiore di 21 anni. E, per la madre, un'esistenza costellata di corse quotidiane, visite specialistiche, terapie e rinunce. La prima, quella più grande, di una donna che ha dovuto dire addio a vita privata e lavoro per allevare tre figli piccoli, di cui uno gravemente malato («Simone soffre anche di epilessia», dice).

Oggi, dopo i lunghi mesi del Covid, l'odissea di Antonietta e Simone sembra non avere fine. Tanto che lei, disperata, lancia un appello al sindaco di Mugnano, Luigi Sarnataro: «Gli chiedo di tenderci una mano, perché per mio figlio si sono chiuse le porte di tutti i centri di riabilitazione. Il risultato? La sua aggressività sta peggiorando e in casa è a rischio l'incolumità di tutti noi. A me ha quasi spappolato la milza con un pugno».

«Ormai anche gli agenti ai posti di blocco ci conoscono. Prima ci fermavano, vedendoci arrivare di giorno e di notte. Adesso non ci fanno più caso e sanno perché siamo in strada a tutte le ore». Antonietta racconta il suo dramma divenuto routine quotidiana. Ad ogni ora, dalle prime luci dell'alba fino a notte inoltrata, la donna è costretta a mettersi alla guida della sua auto perché Simone, autistico sin dai primi mesi di vita, la costringe. «Me lo fa capire prendendo le scarpe, poi comincia ad agitarsi fino a quando non apro la porta». Così comincia il giro tra Mugnano, dove la famiglia risiede, e i comuni limitrofi dell'area nord, fino a Secondigliano e alla zona della 167, nota alle forze dell'ordine per essere una di quelle calde per l'elevato tasso di criminalità. «Un calvario che non auguro a nessuno - dice Antonietta - perché lui vuole uscire a qualsiasi ora. Ed è impossibile dirgli di no. Come quando decide di fare la doccia. Almeno 12 volte in un giorno». Uno stress continuo per la donna, che è l'unica a prendersi cura di Simone, «fino a due anni fa un malato medio-grave». Poi un giorno, cadendo dal balcone di casa, il ragazzo è finito in rianimazione. «Ha rischiato la vita due volte, l'ultima nell'ottobre 2019. Fino ad allora andava a scuola, un istituto paritario, dove frequentava la terza media. Faceva anche equitazione e logopedia. Poi la scuola ha chiuso ed è iniziato il nostro incubo per trovare un centro riabilitativo che lo tenesse impegnato tutte le mattine».

Tra i primi tentativi, una struttura dove il ragazzo veniva seguito assieme a casi più gravi: «Questo però lo rendeva ancora più aggressivo, fino a quando si è rifiutato di seguire le terapie». Era febbraio 2020, vigilia del lockdown. Mesi di angoscia. Lui devastava la carrozzeria dell'auto, infissi e mobili nei suoi scatti d'ira. E non solo. «Pochi mesi fa mi ha dato un pugno nello stomaco, danneggiandomi la milza. Sono rimasta 15 giorni in ospedale, col pensiero che Simone potesse fare del male ai suoi fratelli e alla nonna malata di Alzheimer».

Oggi Antonietta e suo figlio sono arrivati al limite: «Abbiamo bisogno d'aiuto. Lui è sempre più aggressivo e può diventare pericoloso, per se stesso e per noi familiari. Dovrebbe essere seguito in un centro specialistico. Il problema è che non ci sono posti, stando a quanto ci hanno detto. Per questo mi appello al sindaco», conclude. Commenta Toni Nocchetti, presidente dell'associazione Tutti a scuola onlus, che si batte per i diritti dei disabili: «Una storia di ordinaria solitudine. Un mondo abitato da centri attenti a sbarazzarsi degli utenti più scomodi, e da famiglie circondate da un sistema di indifferenza e ignavia. Servizi sociali pressoché inesistenti rappresentano il corollario di una storia che in un Paese normale non sarebbe mai dovuta accadere».
 

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Il Mattino