Cinque minuti. Basta il tempo di una sigaretta, minuto più o minuto meno, per rubare un'autovettura di grossa cilindrata da reimmettere sul mercato clandestino,...
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Un affare capace di fruttare anche oltre ventimila euro per ogni automobile rubata e che, anche su questo aspetto si farà chiarezza, con ogni probabilità vede lo zampino indiretto della malavita locale, a cui pagare una fetta dei guadagni in cambio del supporto logistico e soprattutto del placet. Chi poteva contare su quel kit aveva bisogno di un tempo molto esiguo per portare via un'automobile e senza danneggiarla. Punto di partenza un jammer, per impedire che il segnale dal telecomando arrivi alle chiusure centralizzate. Una volta dentro, si collega il sistema elettronico a un notebook, su cui è stato caricato un software, in questo caso quello ufficiale del gruppo Volkswagen probabilmente rubato, e il programma fa il resto: la centralina viene decodificata e il ladro è in possesso del codice su cui modellare la chiave. Siamo nell'ambito dei computer crimes, i crimini informatici che fanno parte dei reati di recente introduzione. A questo punto la parte più difficile, che solo mani esperte riescono a portare a termine in tempi brevi: tramite rondelle e ingranaggi si modifica il passepartout usando il codice come mappa e ottenendo una chiave codificata con cui mettere in moto la vettura e allontanarsi.
Non è il solito modus operandi che viene utilizzato comunemente e solitamente per i furti delle utilitarie o delle vetture più commerciali, in cui l'azione sulla centralina si limita a un reset per poi utilizzare una chiave già a disposizione: in questo caso viene creato un doppione funzionale e il sistema elettrico della vettura non viene danneggiato. Un lavoro da esperti, che al fronte di un consistente investimento iniziale, pari a diverse migliaia di euro, e con i giusti contatti nell'ambito della ricettazione, può portare ai malviventi un guadagno notevole rivendendo le vetture rubate. Si tratta, ritengono i militari, presumibilmente di furti su commissione o finalizzati alla vendita all'estero, poco probabile che venga usato un sistema del genere per un «cavallo di ritorno»: troppo basso il guadagno, molti di più i rischi.
Non è il caso di fare allarmismi, vista la peculiarità della tecnica e della maestria necessaria per utilizzarla, ma gli antifurti elettronici, che pure sono essenziali e sventano molti raid, possono rivelarsi insufficienti di fronte a un ladro adeguatamente attrezzato. Oltre ad evitare di parcheggiare in aree poco trafficate, facendo attenzione a chi si avvicina alla vettura mentre la si sta chiudendo e ovviamente non consegnando le chiavi ad abusivi, è preferibile dotarsi anche di misure di sicurezza di tipo meccanico, come i bloccapedali, i meccanismi installati sul cambio o sulla canna dello sterzo: un deterrente in quanto il malintenzionato impiegherebbe troppo tempo, esponendosi a rischi maggiori.
n.f. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino