Udienza movimentata al processo in corso ad Avellino per la tragedia del bus precipitato il 28 luglio del 2013 dal viadotto Acqualonga dell'A16 Napoli-Canosa che costò...
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Nella sua deposizione, Gennaro Lametta ha sostenuto con forza che il bus «non era una carretta». «Era efficiente e costantemente interessato da interventi di manutenzione. Non avrei mai fatto partire mio fratello e 40 amici - ha sostenuto - se così non fosse stato». Sulla revisione dell'automezzo, che secondo l'accusa sarebbe stata soltanto virtualmente effettuata, Lametta ha chiamato in causa l'officina di Volla presso cui sarebbe stata effettuata: «Di questi aspetti - ha sottolineato - se ne occupava mio fratello Ciro e conoscendo la sua scrupolosità mi sentivo garantito e tranquillo».
Sul banco dei testimoni, è salito anche Vittorio Saulino, il funzionario della Motorizzazione Civile di Napoli che, insieme ad un'altra dipendente dello stesso ente, avrebbe certificato la revisione, mai avvenuta, del bus prodotta il giorno dopo l'incidente. «Quel giorno non ero in ufficio - ha sostenuto Saulino - e so per certo che il mio codice identificativo che consente di entrare nel Centro elaborazione dati, è stato violato. La firma sulla revisione non è mia: è un palese falso. Soltanto un pazzo - ha aggiunto - poteva pensare di non essere scoperto. In 36 anni di servizio - ha poi concluso - non ho mai commesso illeciti: quel bus non l'ho mai visto e non figura tra gli automezzi che quel giorno dovevano essere sottoposti a revisione».
Nel processo compaiono 15 imputati, tra essi anche l'ad di Autostrade, Giovanni Castellucci, e il dg Giovanni Mollo, che devono rispondere a vario titolo di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e falso in atto pubblico. La prossima udienza è fissata per venerdì 13 aprile. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino