Bimba ferita a Sant'Anastasia, la pista: «Mitra per dominare la movida vesuviana»

Scontro tra ragazzi di comuni diversi per la leadership tra paranze di giovani

La stesa di Sant'Anastasia
Una questione di territorio. Quelli di Somma Vesuviana si sono presentati nella piazza principale di Sant’Anastasia, con atteggiamenti da bulli. Sopra le righe, modi...

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Una questione di territorio. Quelli di Somma Vesuviana si sono presentati nella piazza principale di Sant’Anastasia, con atteggiamenti da bulli. Sopra le righe, modi spocchiosi e provocatori. Dall’altra parte, i ragazzi locali, quelli cresciuti in zona che non ci stanno a subire in silenzio. Hanno reagito alle provocazioni, hanno raccolto la sfida. Questione di territorialità. Quelli del parco Fiordaliso (detto il Parco dei napoletani) di Somma Vesuviana contro i locali, quelli che abitano a poca distanza da piazza Cattaneo, teatro dell’ennesimo fattaccio a Napoli e dintorni.

Sono da poco passate le nove di martedì scorso, quando la zona pedonale a due passi dalla piazza principale di Sant’Anastasia si trasforma in un inferno. Storia nota, culminata nel ferimento di una bambina di soli 10 anni (operata due volte, le hanno estratto un proiettile dalla testa), ma anche dei due genitori (fortunatamente in modo lieve), in un crescendo di violenza che sa di già visto. Due soggetti in cella, questa mattina la convalida dei fermi a carico del 19enne Emanuele Civita e del suo presunto complice di 17 anni. Tentato omicidio, armi, entrambi arrivano da un contesto difficile, da uno spaccato metropolitano segnato dall’emigrazione di napoletani (in gran parte dalla periferia orientale) e dal radicamento del clan D’Avino. Ma torniamo alla ricostruzione del fatto, alla luce delle indagini condotte dal pm Antonella Serio e dalla procuratrice Rosa Volpe (mentre per i minori indaga il pm La Ragione e la procuratrice De Luzenberger), proviamo a risalire a qualche minuto prima del ferimento di Assunta. 

Serata di primavera in piazza Cattaneo. All’interno di una accorsata gelateria del posto c’è aria di festa. Ci sono decine di bambini, che stanno festeggiando un loro amichetto di soli 12 anni. Assunta è lì assieme ai genitori e al fratello di soli 6 anni. Sta per andare a mangiare il gelato, quando all’esterno del locale si avverte aria di tensione. Un litigio tra gruppi di ragazzi. Voce alta, minacce, parole scomposte.

Due i fuochi contrapposti: da un lato ragazzi del posto, dall’altro quelli che vengono da fuori. Cresce la tensione, tanto che lo stesso titolare del locale è costretto ad intervenire al punto tale da chiedere ai ragazzi di interrompere il litigio o comunque di spostarsi al marciapiede di fronte. Di liberare il locale della loro presenza sgradevole. 

Una sgommata di due soggetti in moto, sembra tutto finito. Purtroppo non è così. Anzi. Pochi minuti dopo, l’inferno. Due soggetti in sella allo scooter, volto travisato da caschi e scaldacolli arrivano sul posto. Uno dei due ha una mitraglietta, l’altro una pistola. Non sparano subito. Sarebbe troppo facile. Fanno un paio di giri nello struscio, il modo più rapido per avvelenare una movida spensierata che vede tante famiglie trascorrere qualche minuto di relax.

Non basta il carosello con le armi in pugno. Nell’ottica deformata di chi è cresciuto a pane e Gomorra, ci vuole il salto di qualità. Bisogna sparare, bisogna “fare i punti”, terrorizzare i propri avversari, dimostrare che alle provocazioni si risponde con il sangue e la paura. Ecco la stesa. Una mitagliata ad altezza d’uomo, si spara nel mucchio, senza pensare ai bambini, alle persone estranee alla camorra e desiderose solo di trascorre qualche minuto spensierato. Tre feriti, poi la fuga. Una missione militare, una sorta di spedizione dimostrativa, per altro studiata a freddo. Qualcosa di molto simile è accaduto lo scorso 20 marzo, al centro di Napoli. Ricordate l’omicidio di Francesco Pio Maimone? Un 19enne colpito per caso, nel corso di una lite tra gruppi diversi (in quel caso parliamo di quelli di Barra contro quelli di rione Traiano) per la propria affermazione. 

Ma per conquistare cosa? Probabile - ha spiegato il gip che ha arrestato il presunto assassino - che in ballo fosse la leadership di zone originariamente neutre come quella degli chalet di Mergellina. Movida terreno di assalto. È la guerra dello struscio, al centro e in periferia, tra i posti più decantati di Napoli (come il nostro lungomare) e le piazze di antichi borghi cresciuti negli anni del dopo terremoto. Ma torniamo alle indagini. Al lavoro i carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna e del comando provinciale di Napoli (sotto la guida del generale Enrico Scandone), decisive le immagini ricavate da una telecamere nella zona. Ma anche le testimonianze di alcuni passanti, uno dei quali è anche riuscito a portare la piccola Assunta al Santobono in una corsa disperata per bloccare la perdita di sangue. Difesi dai penalisti Antonio Sorbilli e Fabio Marfella, il minorenne e il 19enne sono attesi questa mattina dinanzi ai gip per la convalida dei fermi. 

Al momento degli arresti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, oggi tocca a loro fornire una versione propria rispetto alle accuse articolate fino a questo momento. Due figli di Gomorra, cresciuti in un contesto difficile, segnato dalla camorra targata clan D’Avino e segnata da dinamiche provenienti dalla mala periferia orientale di Napoli. Intanto, l’attenzione si sposta in ospedale. Ieri mattina, la mamma di Assunta ha chiesto di lasciare il Cardarelli, nonostante la ferita all’addome. Chiara la sua volontà: «Voglio andare al Santobono, lasciatemi stare accanto a mia figlia». 

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Il Mattino