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Chiusura anticipata, riduzione dei frigoriferi in cucina, aumento dei prezzi, in extrema ratio tagli al personale. Si stringono i denti anche in alcuni dei principali pubblici esercizi della città: è la scure del caro energia che si abbatte sui locali storici con cifre da capogiro. Dal Gambrinus a Mimì alla Ferrovia, da Carraturo a Umberto a Chiaia, dall'Europeo alle gelaterie. Bollette da capogiro, rincari che superano abbondantemente il raddoppio. E, in prospettiva per i prossimi mesi, l'orizzonte si fa ancora più difficile. Un inverno da crisi di guerra energetica in cui spaventano, in particolare, gli ulteriori aumenti previsti per l'ultimo trimestre dell'anno. Il tutto, purtroppo, ricade già sulle tasche dei consumatori. Il caffè, tra le altre cose, potrebbe arrivare presto a «1,50 euro al banco».
È preciso nelle idee e nei calcoli Michele Giugliano, titolare dello storico Mimì alla Ferrovia: «Paghiamo 495 euro al giorno di gas e luce - argomenta - l'unica soluzione in questo momento è la riduzione dell'orario di lavoro, come stanno facendo i centri commerciali. Apriremo un po' più tardi, alle 12.30. Chiuderemo alle 23.30 invece che a mezzanotte. Dobbiamo risparmiare due ore di energia. E poi stiamo modificando le modalità di approvvigionamento: anziché farlo due volte a settimana, proveremo a farlo una volta al giorno. Questo però comporta un aumento dei costi di trasporto. Questa crisi è un cane che si morde la coda. In prospettiva il gas aumenterà di 12 volte». «Pago 3.200 euro al mese solo di energia - aggiunge Massimo Di Porzio, titolare di Umberto a Chiaia - Per il gas ho cambiato gestore e non mi sono ancora arrivati i consumi. Arriva solo il canone e sono spaventato, tanto da inviare una pec per chiedere una lettura immediata. Non rinunciamo al personale, ma stiamo cercando di aprire mezz'ora dopo. Il mantenimento dell'ora legale potrebbe essere un'ottima soluzione per recuperare un'ora di luce». Ben «4.007 euro» di stangata a luglio anche per il famoso Europeo di Alfonso Mattozzi in zona piazza Borsa: «Per noi i costi sono ben più che raddoppiati - racconta lui stesso - Si tratta di un problema internazionale, speriamo che la politica dell'Ue fronteggi al meglio la situazione, oppure a pagare saranno in particolare le aziende meno forti e le fasce più deboli della popolazione».
Antonio Sergio, storico socio del Gambrinus, agita una bolletta da «27485 euro» nella famosa sala del caffè di piazza Trieste e Trento. «Periodo di fatturazione agosto 2022». «Ben 5mila euro di questa cifra - sospira - vanno allo Stato sotto forma di tasse. In 3 mesi siamo passati da 9mila fino a 21mila, e poi siamo arrivati a 27mila. Si prevedono altri rincari, forse fino a 35mila euro. Saremo costretti ad alzare i prezzi. Stiamo pensando di portare il caffè al banco a 1,50 euro. La sfogliatella tra 2,60 e 2,80 euro». Passiamo alle gelaterie, aziende energivore per antonomasia: «Per noi i costi sono più che triplicati - spiega Marcella Mantovani, socia di Gelatosità al Vomero, in Lombardia e in Canada - Paghiamo 7.500 euro al mese di energia. A inizio anno ne pagavamo 5mila in meno. Abbiamo 10 frigoriferi, 3 banchi gelato e 4 macchine di produzione. In minima parte siamo riusciti a contenere la bolletta di settembre eliminando i turni di produzione. Per la vendita, invece, abbiamo iniziato a spegnere il banco gelati, che va sbrinato ogni sera. Questo però implica turni di lavoro più lunghi per i dipendenti. Abbiamo dovuto portare il prezzo di un kg di gelato da 18 a 20 euro. In Lombardia lo vendiamo a 22». «I costi sono triplicati rispetto all'anno scorso - spiega Ulderico Carraturo, della famosa pasticceria di Porta Capuana - Possiamo ritoccare i prezzi, ma il potere d'acquisto dei clienti è sempre più basso.
Il Mattino