Boscoreale. «Quelli tenevano un marocchino in macchina, dice che questa bomba la deve mettere in Marocco». Un ordigno artigianale, di quelli che «squilla il...
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Le esplosioni di prova sarebbero avvenute nelle campagne tra Boscoreale, Pompei e Poggiomarino, in una zona non molto lontana dalle palazzine. Visto che la bomba funzionava, le altre simili potevano essere vendute: «Allora possiamo chiedergli 2mila euro». Il cliente da incontrare stavolta è «speciale». È il 12 luglio 2011, le forze dell'ordine hanno arrestato da pochi giorni alcuni componenti del gruppo e i due, impauriti, hanno seppellito armi e ordigni in alcuni terreni. «Chiama Umberto (un giovane incensurato insospettabile) gli diamo 100 euro e ce la porta». Al Piano Napoli, poi, arrivano alcuni intermediari conosciuti da Nappo e Pandolfi, tra cui tale Totore. «Tenevano un marocchino in macchina» che aveva intenzione di acquistare una bomba. Ma sorge un problema: «Sotto terra si è inumidita. Se non spara dopo? Non voglio fare figure». Sull'identità dell'acquirente di nazionalità marocchina e sull'effettivo utilizzo della bomba in Marocco non sono stati possibili riscontri effettivi. Però, la ricostruzione dell'episodio dimostra come il mercato nero delle armi fosse molto attivo in quel periodo nei rioni degradati di Boscoreale, ed era di livello internazionale.
Viste le normali tecniche terroristiche, è più probabile che quella bomba sia stata utilizzata per motivi personali dall'acquirente marocchino, ma non è possibile escludere che l'ordigno possa essere stato azionato a distanza, ad esempio su un'autobomba. Le conversazioni hanno permesso di ricostruire anche la cessione di diverse pistole.«L'hai venduta a quel tossico?». «Sì, per 700 euro». Per una pistola, si andava dai 400 euro per una «38 vecchia e arrugginita» ma funzionante, fino ai 2mila euro per un'arma più sofisticata, fucili con canne mozzate artigianalmente, o altre tipologie modificate. Nell'arsenale in vendita, munizioni di ogni genere e mitragliette Uzi. I pezzi forti, però, erano le bombe: artigianali, «con miccia, telecomando, innesco col telefonino, come le vuoi» precisavano gli armieri. Con l'inchiesta chiusa da poco, la prima udienza del processo per loro e per altre 24 persone è fissata a luglio dinanzi al gup Emma Aufieri di Torre Annunziata. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino