Botti di fine anno a Napoli: «Un petardo mi ha devastato, ho sbagliato ma aiutatemi»

Botti di fine anno a Napoli: «Un petardo mi ha devastato, ho sbagliato ma aiutatemi»
Non ha perso coscienza neanche per un attimo e quando gli sono esplose le mani, il primo pensiero è stato non far vedere nulla ai figli. Un pensiero impossibile da...

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Non ha perso coscienza neanche per un attimo e quando gli sono esplose le mani, il primo pensiero è stato non far vedere nulla ai figli. Un pensiero impossibile da realizzare perché la deflagrazione del botto di Capodanno, ha tranciato le dieci dita di entrambe la mani a Sasa Radosavljevic, il 48enne abitante nel campo di rom di Secondigliano che si è ritrovato circondato dal suo sangue. L'uomo dopo le prime cure all'ospedale San Giovanni Bosco, è stato ricoverato nel reparto di Chirurgia della mano del Vecchio Pellegrini.


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Come è avvenuta l'esplosione che l'ha ferita così gravemente?
«Era mezzanotte e tutti nel campo, stavano accendendo i fuochi per festeggiare. Ricordo che impugnavo con la mano sinistra il botto e con l'altra mi accingevo ad avvicinare la fiamma dell'accendino. Subito dopo che la miccia ha preso fuoco, il petardo è esploso vicino a me. E' scoppiato troppo velocemente senza che io avessi avuto il tempo di lanciarlo».

Cosa ha fatto subito dopo la deflagrazione?
«Sono rimasto lucido e ho capito perfettamente cosa era accaduto. Sapevo di aver riportato dei danni molto gravi alle mani anche se non riuscivo a capire, effettivamente, quante dita erano esplose e cosa avrei potuto salvare. C'era sangue ovunque. Il terreno, i miei vestiti, gli oggetti del campo e tutto ciò che avevo intorno, era ricoperto del mio sangue. La mia principale preoccupazione è stata quella di non far vedere la scena ai miei figli piccoli anche se non è stato possibile».

Chi si trovava accanto a lei in quel momento?
«A meno di due metri da me, c'era mia moglie Milena che si stava allontanando per andare dai nostri vicini e chiamarli per i festeggiamenti. Quando il botto è esploso, una voce le ha gridato di girarsi. L'ho vista corrermi incontro e iniziare a raccogliere da terra i pezzi delle mie dita. Era inginocchiata e sporca di sangue, mentre nel palmo delle mani, riponeva i miei brandelli e piangeva. Dopo è svenuta e da quel momento non mi ha lasciato solo neanche un istante».

I suoi figli?
«Abbiamo due gemelli, un maschietto e una femminuccia di 8 anni e un figlio adolescente che in quel momento abbiamo cercato di allontanare. Abbiamo portato i nostri figli a casa di una parente, sempre nel campo rom di Secondigliano dove sono ancora e vi rimarranno finché sarò in ospedale. Mia moglie dice che i botti dovrebbero essere vietati per legge e nessuno dovrebbe sparare mai più».

Lei cosa pensa?
«Il mio pensiero fisso in questo momento sono le mani. L'unica cosa che vorrei è riavere tutte le mie dita. Ma non è semplice. Ho molto dolore anche al torace, dove ho delle escoriazioni. Mi sforzo di pensare che dobbiamo guardare il lato positivo: sono vivo e ho mia moglie accanto, poi ci sono i miei figli e queste sono le cose importanti che mi danno la forza per andare avanti».

Si è pentito di aver comprato quel botto?
«Certamente non sparerei mai più botti. In realtà, non sono mai stato particolarmente amante dei botti di Capodanno ma, mi faceva piacere sparare qualche fuoco per festeggiare con gli amici e la famiglia. Il fuoco che mi ha procurato questi danni non era neanche particolarmente grosso e, ho pensato che forse era difettato perché è esploso troppo presto, senza darmi il tempo di lanciarlo. Non riesco a pensare di cosa realmente abbiamo bisogno adesso ma spero non si dimentichino di noi».

Cosa intende?

«Abbiamo tre figli, viviamo in un campo rom e io non potrò più usare le mani. Spero che le istituzioni possano darci una mano quando dopo Capodanno, tutti si saranno dimenticati dell'accaduto e noi dovremo andare avanti». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino