Non è necessario disporre nuovi accertamenti sulla sua capacità di stare in giudizio, sulla sua tenuta psicologica, insomma sulle sue condizioni mentali. Sì,...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
COME GOMORRA
Caso chiuso, il processo a suo carico può ripartire, deve andare avanti, viene così rigettata la richiesta di nuovi accertamenti clinici. Terza Corte di Assise del Tribunale di Napoli (presidente Concetta Cristiano, giudice a latere Giuseppe Sassone), Cosimo Di Lauro è sotto processo come presunto mandante dell’omicidio di Mariano Nocera, presunto affiliato degli Abbinante ucciso il due settembre del 2004. Un delitto che fece da prequel allo scoppio «ufficiale» della faida, che viene ricondotta al duplice omicidio Montanino-Salierno il 28 ottobre del 2004. Quattordici anni dopo lo scoppio della «guerra del Golfo» (così venne chiamato lo scontro per la conquista delle piazze di spaccio a Napoli), c’è una svolta legata alle condizioni psicologiche del presunto boss regista della faida.
LA FINZIONE
Difeso dal penalista Saverio Senese, Cosimo Di Lauro da anni resta recluso sotto regime di carcere duro, con un atteggiamento di totale estraneità rispetto alle accuse che gli vengono contestate dalla Dda di Napoli. Pazzia o bluff?
A dissipare il dubbio, dunque, i giudici della Corte di Assise, dopo il deposito della Procura di Napoli (i pm Antonio D’Alessio e Maurizio De Marco) di documentazione ad hoc sulle condizioni di salute dell’imputato eccellente. Aula 114, i giudici napoletani non hanno dubbi: «Ritiene la Corte, all’esito dell’esame della documentazione acquisita, che non sia necessario verificare la capacità di intendere e di volere dell’imputato, posto che questo dato risulta già accertato nella sentenza passata in giudicato che appunto esamina la questione della capacità di intendere e di volere dell’imputato e risulta anche più volte esaminata da psichiatri nell’ambito del circuito penitenziario. In particolare, c’è una relazione clinica dell’Asl Torino 2 in cui si dà atto di un atteggiamento fittizio dell’imputato, nel 2015 in osservazione psichiatrica a Torino c’è una conclusione di disturbo fittizio. Pertanto, ritiene la Corte di non disporre accertamenti ulteriori sulla capacità di stare in giudizio e di intendere e volere dell’imputato». Insomma, un caso che sembra chiuso e che dà la stura all’inizio del processo. Un caso che, agli occhi di qualcuno, sembrava simile a quello rappresentato dalla fiction Gomorra, a proposito della finta malattia mentale del boss Savastano.
Leggi l'articolo completo su
Il Mattino