Napoli, si rifiuta di fare il pusher della droga e il clan di camorra gli dà fuoco sotto casa

Napoli, si rifiuta di fare il pusher della droga e il clan di camorra gli dà fuoco sotto casa
Aveva consultato le fonti aperte, i canali di ricerca più immediati, per provare a trovare una sistemazione lontano da Napoli. Aveva provato una via di fuga, almeno da un...

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Aveva consultato le fonti aperte, i canali di ricerca più immediati, per provare a trovare una sistemazione lontano da Napoli. Aveva provato una via di fuga, almeno da un punto di vista mentale, salvo poi farsi coraggio e decidersi a fare il grande passo. 

Si era rivolto così al proprio superiore gerarchico, una sorta di reggente dello spaccio nella sua zona, mostrandogli le proprie esigenze: «Voglio dire basta con questa vita, posso farcerla», si era detto. Basta con la cocaina, basta con la paura di essere arrestati. Basta con i covi e i soldi sporchi, basta con i disperati e la prepotenza, basta con l’incubo di finire in manette.

Insomma - aveva detto a se stesso prima di tutti - basta con questa vita, ho superato i trent’anni, posso ancora cambiare strada. Una speranza che si è scontrata con la peggiore realtà napoletana, che va al di là di Gomorra, al di là della più triste narrazione di quanto avviene a Napoli. È lo scorso sei dicembre, tra i vicoli del rione Sanità, quando un ragazzo viene dato alle fiamme. Proprio così, dato alle fiamme. Viene convocato da un uomo che lo invita sotto casa: prima la benzina, poi il rogo. Una torcia umana. Non muore, il trentunenne che sognava una vita diversa. Non muore, ma se la sta passando brutta, con una serie di escoriazioni e ustioni su buona parte del corpo. Un incidente - secondo il referto iniziale - un episodio accidentale, a leggere quanto dichiarato ai primi soccorritori, tra medico ed esponenti del mondo sanitario. Tutto falso, la storia del ragazzo-torcia nasconde una verità che affonda le proprie radici nell’inferno napoletano. Qual è la storia? Inchiesta condotta dalla Dda di Napoli, sotto i riflettori c’è un uomo che potrebbe aver agito come capo di una spedizione punitiva nei confronti del ragazzo incendiato. Chiaro anche il movente, alla luce del racconto che viene messo agli atti da una stretta congiunta della vittima, che al Mattino conferma questa versione: «Voleva cambiare vita - ha spiegato la donna - voleva solo chiudere con la droga: non voleva fare più il pusher, voleva solo immaginare un futuro diverso e lo hanno punito». Una denuncia ad affetto, confermata dalla potenziale testimone che al Mattino chiede anonimato: «Voleva solo un’altra possibilità, non voleva più saperne di certe storie». Una possibilità di scelta che qualcuno ha inteso negargli nel modo più atroce. 

Ma cosa ha scatenato una simile rappresaglia? Possibile che a monte di un’azione tanto eclatante ci sia un doppio movente: da un lato, il tentativo di recuperare alcuni soldi legati al traffico di sostanze stupefacenti tra i vicoli del “narco”rione Sanità; dall’altro, l’esigenza di dare una dimostrazione plateale sulla capacità della camorra di spegnere sul nascere qualunque segnale di dissociazione: da qualsiasi parte possa provenire, qualunque forma possa assumere, fosse anche il tentativo di sparire dalla circolazione per andare a cercare fortuna all’esterno delle mura cittadine, magari con una sortita in alta Italia. 



Inchiesta che punta i suoi riflettori sul clan Sequino, un’organizzazione che resta confederata (anche se con atteggiamenti non sempre lineari), con il cartello dei Mazzarella. Rione sanità, droga, camorra e voglia di rigenerazione. Uno scenario che ora fa i conti con la storia di un giovane uomo bisognoso di cure, con una famiglia impaurita e con un soggetto finito sotto il cono d’ombra delle indagini. Un soggetto noto alle forze dell’ordine, che ha precedenti specifici per fatti di droga e che potrebbe aver convocato il trentunenne sotto l’androne del palazzo. In pochi attimi, la violenza (probabile che ci fossero anche altri complici), la benzina e le fiamme. Che incendiano un uomo e la sua voglia di cambiare aria, di chiudere con il passato e di tagliare i ponti con la peggiore faccia della realtà metropolitana.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino