Camorra. Scotti, il falso pentimento a Caserta e il mistero delle due auto blu

Camorra. Scotti, il falso pentimento a Caserta e il mistero delle due auto blu
Era davvero l'ultimo dei mohicani. L'ultimo cutoliano di spessore che ancora respira. Freddo e lucido, ma soprattutto molto astuto con tante pietre sul cuore. Che non...

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Era davvero l'ultimo dei mohicani. L'ultimo cutoliano di spessore che ancora respira. Freddo e lucido, ma soprattutto molto astuto con tante pietre sul cuore. Che non hanno pesato e che hanno garantito a Pasquale Scotti, trenta anni di silenziosa latitanza, una vita normale e anonima in Brasile, dove si era fatto una famiglia. Qui a Casoria, città di beati e di camorra, l'uomo della strada, quello magari brizzolato, lo dava per morto e sepolto. Una storia chiusa, che però tra i malavitosi nativi digitali, era leggenda. Ma il cuore criminale della città quello che erano “giovani svelti e coraggiosi” della Nuova Famiglia, diventati poi boss, al fatto che Pasquale Scotti avesse tirato le cuoia all'estero non ci avevano mai creduto. Racconta nel fiume dei verbali il pentito Marcello Di Domenico, boss del nolano, alleato con i Moccia di Afragola «Quando morì il fratello, sui manifesti listati a lutto, c'era scritto tra i familiari che ne davano l'annuncio anche il fratello Pasquale. E già da qualche mese, i nostri informatori lo davano per certo in zona. Gli demmo la caccia per oltre quattro mesi, girando per Casoria e posti vicini con decine di auto, giorno e notte per farlo fuori». Chissà se davvero era nella sua città natale in occasione di quel lutto. Sarebbe questo un altro mistero.




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