Camorra, laurea e Corano in cella: la seconda vita del killer

Catello Romano partecipò all’omicidio del consigliere comunale Pd Tommasino

Catello Romano, 32 anni, condannato per l’omicidio di Gino Tommasino
Ha collaborato per pochi giorni, ha ritrattato tutto, non si è più pentito, ma ha deciso di leggere e di studiare. In carcere ha completato la scrittura della sua...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Ha collaborato per pochi giorni, ha ritrattato tutto, non si è più pentito, ma ha deciso di leggere e di studiare. In carcere ha completato la scrittura della sua tesi autobiografica in Scienze Umanistiche, ha letto diversi testi sacri tra cui il Corano e si sta avvicinando all’Islam. Catello Romano oggi ha 32 anni. Ad appena 19, partecipò a una serie di omicidi di camorra a Castellammare di Stabia per conto del clan D’Alessandro, tra cui quello eccellente del consigliere comunale Gino Tommasino, capogruppo consiliare del Partito Democratico. Quel giorno, erano le 15,30 del 3 febbraio 2009, Romano aveva in tasca la tessera dello stesso partito, mentre i due killer facevano fuoco all’impazzata nel traffico di Castellammare.



A distanza di quattordici anni da quell’efferato delitto di camorra «maturato all’interno del clan D’Alessandro» come dicono alcuni collaboratori di giustizia, Catello Romano si sta laureando. Ha trascorso i primi sei anni in carcere al 41-bis, per poi passare ad un regime di sicurezza. Oggi è detenuto a Catanzaro e, assistito dall’avvocato Francesco Schettino, ha affrontato i primi due processi per omicidio, per una condanna definitiva in totale a 23 anni di reclusione.

Era nel commando che si macchiò dell’omicidio Tommasino e dell’agguato mortale ai danni di Aldo Vuolo, detto «’o nasone». Figlioccio di Renato Cavaliere, altro killer dei D’Alessandro e oggi tra i pentiti ritenuti più attendibili dall’Antimafia, Romano si avvicinò alla cosca di Scanzano proprio in virtù di quel legame. Appena maggiorenne si affiliò al clan D’Alessandro e subito entrò a far parte del gruppo di fuoco, all’epoca formato da lui, Cavaliere, Salvatore Belviso e Raffaele Polito. Tutti arrestati a settembre 2009, Romano fu il primo a cedere, chiedendo di collaborare. Un scelta che ritrattò immediatamente, prima che iniziassero i veri e propri colloqui: eluse la sorveglianza e fuggì dalla località protetta in cui era stato portato.

Nel frattempo, uno alla volta gli altri tre killer hanno deciso di collaborare, ammettendo tutti la partecipazione all’omicidio Tommasino, ma lasciando dubbi su mandanti e movente di un delitto che resta ancora avvolto nel mistero. L’unica cosa che hanno rimarcato i vari collaboratori è che l’esponente del Pd fosse molto vicino agli ambienti del clan D’Alessandro, in un vero e proprio intreccio di interessi, mai svelato del tutto. Gestione dei parcheggi, Terme, denaro, accordi con il clan in qualche modo non rispettati: spiegazioni tutte rimaste molto vaghe e (forse) volutamente poco precise, per coprire mandanti eccellenti. 

Dopo la cattura, avvenuta in un centro commerciale qualche giorno dopo la fuga, Catello Romano è rimasto in carcere, dove ha avviato un percorso di studio. Si è diplomato, poi ha cominciato a leggere i testi sacri delle varie religioni, avvicinandosi prima al Buddhismo e ora all’Islam. Nel frattempo, si è iscritto alla facoltà di Scienze Umanistiche e ha completato con ottimi risultati il percorso di studi: ha scritto una tesi che in parte è autobiografica e che discuterà a maggio. Dal carcere è uscito una sola volta per un permesso premio, ottenuto a maggio 2017, per andare a trovare alcuni familiari al centro di Castellammare di Stabia. Poi, da allora è rimasto in cella. Da Voghera, è stato trasferito ed ora è detenuto a Catanzaro.

Dal carcere potrebbe uscire non prima del 2032, con un titolo di studio che conseguirà nelle prossime settimane, anche se l’ombra della sua partecipazione ad altri delitti di camorra risalenti al periodo 2008-2009, quando era appena maggiorenne, potrebbe portare Catello Romano nuovamente in tribunale per difendersi da pesanti accuse.

Leggi l'articolo completo su
Il Mattino