Nelle campagne spunta il clan dei rumeni operai sequestrati e privati dei documenti

Nelle campagne spunta il clan dei rumeni operai sequestrati e privati dei documenti
Salerno. Gli investigatori non sanno ancora quanto sia vasto il fenomeno, ma sono certi che esiste ed è ben dissimulato da un semplice artifizio: c’è un clan di rumeni che,...

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Salerno. Gli investigatori non sanno ancora quanto sia vasto il fenomeno, ma sono certi che esiste ed è ben dissimulato da un semplice artifizio: c’è un clan di rumeni che, nella piana del Sele, ha deciso di tenere in ostaggio decine di lavoratori ai quali non solo ha imposto la tangente, tremila euro, per un posto di lavoro ma, ogni quindici giorni, con la complicità di alcuni imprenditori locali, pretende il «pizzo» sulla già misera paga di 25-30 euro al giorno. Non solo. Ha ridotto in schiavitù questi loro connazionali facendoli vivere in tuguri e, senza scrupolo, li hanno privati dei documenti.




Li ha presi in ostaggio. I lavoratori rumeni sono cittadini comunitari, a loro per muoversi basta il documento d’identità. Non hanno bisogno del permesso di soggiorno. La mafia rumena comincia nel paese di origine: la promessa di un posto nella piana del Sele, alloggi decenti e il viaggio. Poi, una volta arrivati in Italia privati dei documenti e mandati al lavoro con la pretesa del «pizzo».



Indaga da pochi giorni la polizia su una precisa denuncia della Cgil. Il clan si muove tra Capaccio-Paestum e Santa Cecilia di Eboli sulla Statale 18 dove ci sono i caporali che reclutano i povericristi nei pressi di rotatorie con Madonne e statue di padre Pio. Va anche così, da queste parti, dove la paga per il lavoro nei campi è di 3 euro all’ora. «La realtà descritta è un pugno nello stomaco per tutti - confessa Rosario Rago, presidente di Confagricoltura - siamo scossi ma non possiamo restare impotenti. Il senso di disagio non deve scomparire. Questi sedicenti imprenditori, al fianco del sindacato dei lavoratori, noi vogliamo combatterli. Fino in fondo. Vogliamo controlli capillari e mirati. Non sarebbe difficile, se si volesse intervenire sul serio».



Sulla pelle della politica la denuncia scorre come l’acqua del mare di agosto: lavoro nero, sfruttamento, schiavitù, tuguri dove gli immigrati vivono tra cumuli d’immondizia non sono più argomento di denuncia o di dibattito. È tempo di selfie e di sagre, concerti e sfilate. Eppure nella piana del Sele sono pronti a giurarti, e la storia dà riscontro, della durezza delle battaglie per i diritti degli operai nei campi, nei tabacchifici, negli zuccherifici e nelle fabbriche dell’oro rosso.



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Il Mattino